1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO

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1866 Il Combattimento di Londrone

ORDINE MILITARE D'ITALIA

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CAVALIERE DI GRAN CROCE

Collana Storia in Laboratorio

Il piano editoriale per il 1917 è pubblicato con post in data 12 novembre 2016

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.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014

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Testo Progetto Storia In Laboratorio

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La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011

La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011
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sabato 25 maggio 2013

La resistenza a Roma. il dramma delle Fosse Ardeatine

23 marzo 1943, Via Rasella
Intervista a Mario Fiorentini e Lucia Ottobrini

 di Osvaldo Biribicchi

Il Professore Mario Fiorentini è stato uno dei protagonisti dell'atto di guerra condotto il 23 marzo 1943 a Roma, in via Rasella, dai GAP centrali contro una compagnia del Battaglione SS “BOZEN”. L'attacco rientrava nella più vasta campagna di lotta posta in essere dalla Resistenza romana all'indomani dell'8 settembre 1943 ed intensificata dopo lo sbarco degli Alleati, il 24 gennaio 1944, nel tratto di costa laziale a sud di Roma, tra Nettuno e Torvaianica. Gli anglo-americani, che secondo i piani del Generale Clark avrebbero dovuto raggiungere Roma in pochi giorni, furono invece inchiodati sulle spiagge e sul punto di essere rigettati in mare dai tedeschi del Generale Kesselring e da alcuni reparti italiani della Repubblica Sociale. Gli Alleati sarebbero entrati a Roma il 4 giugno 1944, quattro mesi dopo il cosiddetto sbarco di Anzio e due giorni prima dello sbarco in Normandia. In quel difficile frangente, al fine di alleggerire la pressione militare esercitata dai tedeschi partigiani ricevettero l'ordine di colpire duramente i tedeschi dietro le linee. E i partigiani, in quei quattro mesi, misero in atto centinaia di azioni di guerriglia sia nei centri laziali sia nelle campagne e montagne laziali. L'attacco di via Rasella si inseriva dunque in questo contesto.
Ho chiesto al Professor Mario Fiorentini di illustrare la preparazione di quell'azione di guerriglia urbana contro un reparto di SS, specializzato nei rastrellamenti di uomini da inviare in Germania come forza lavoro, sulla scelta della data, sul numero di gappisti, uomini e donne, che parteciparono all'azione. La nostra conversazione inizia proprio in via Rasella, all'incrocio con via delle Quattro Fontane.
Professore, i GAP centrali operavano nel cuore di una Roma occupata dai tedeschi. Può dirmi quali effetti le azioni di guerriglia producevano nei nazisti e nella popolazione?
“Le azioni dei GAP centrali impressionavano, avevano un grosso impatto sia sul piano militare sia su quello politico e psicologico perché avvenivano nel centro della città, dove i tedeschi si sentivano più sicuri, non nella periferia o lungo le strade consolari dove gli attacchi, portati da altre formazioni partigiane, erano dati per scontati o, quantomeno, più probabili. Tra i compiti dei GAP, oltre a quelli di creare insicurezza nelle retrovie tedesche ed alleggerire la pressione militare sul fronte di Anzio dove gli Alleati stavano per essere ricacciati in mare, c'era anche quello di liberare la popolazione dal terrore dei nazisti che impunemente usavano le armi per intimidire o, peggio, rastrellare inermi lavoratori ed inviarli in Germania. Far vedere che non erano invincibili.
Quante azioni avete compiuto nei nove mesi di occupazione nazista a Roma?
Ne abbiamo compiute una grande quantità, di ogni tipo, contro i nazisti ed i fascisti, anche se a me non piace parlare di quelle contro i fascisti. Potrebbe sembrare strano, ma le azioni contro i fascisti le ho vissute con una certa angoscia, forse per una sorta di nazionalismo, mentre contro i tedeschi no.
C'è un'azione, a parte quella di via Rasella, che ricorda in modo particolare?
L'azione contro la caserma in via Giulio Cesare, nel quartieri Prati, dove fu uccisa la Gullace. Noi contrattaccammo, fu un'azione spettacolare. Davanti alla caserma si erano riunite centinaia di donne che volevano la liberazione dei loro uomini, rastrellati dai nazisti. Rimasi impressionato dal fatto che le manifestanti erano donne di tutte le fasce sociali: popolane provenienti dai quartieri poveri e signore della borghesia romana, intellettuali e ballerine. L'azione, inoltre, fu importante in quanto sancì la saldatura tra i GAP centrali ed i GAP di zona.
Quanti e quali obiettivi da colpire avevate in programma?
Complessivamente avevamo pianificato di colpire più obiettivi. Al primo posto stavano le carceri, quello di via Tasso, in particolare. Quest'ultimo, però, era un obiettivo difficilissimo. L'azione l'abbiamo studiata a lungo, per settimane e settimane, il doppio di quella di via Rasella; più volte siamo stati sul punto di attaccarlo e ogni volta abbiamo dovuto desistere per la mancanza delle condizioni idonee.
Perché il 23 marzo?
“Il 23 marzo, quando abbiamo attaccato a via Rasella, c'erano sul terreno tre azioni importanti. Quella data era molto importante per i fascisti perché ricorreva l'anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento. In occasione di tale ricorrenza, le autorità fasciste della Repubblica Sociale organizzarono una manifestazione a Piazza Cavour. Noi dei GAP centrali decidemmo di sfidare apertamente, audacemente i fascisti in occasione del loro raduno, per far intendere loro che non li temevamo; volevamo castigarli. Preparai un piano di attacco. L'azione avrebbe avuto un significato prevalentemente dimostrativo. All'ultimo momento i fascisti, probabilmente su consiglio dei tedeschi, decisero di spostare la manifestazione in via Veneto, all'interno del Palazzo delle Corporazioni, una fortezza imprendibile. Fummo costretti pertanto a modificare il nostro obiettivo. Ne studiammo altri alternativi. La scelta cadde su via Rasella ove, di norma, anche se non tutti i giorni, transitava a piedi una compagnia del Battaglione SS “Bozen” di 165 uomini.
Chi ha avuto l'idea di colpire i tedeschi che passavano per via Rasella?
Io. Dalla finestra della mia stanza vedevo passare la colonna della polizia tedesca. Eravamo in sette: due donne, Lucia Ottobrini e Marina Cossu, e cinque uomini. Preparai l'attacco che avrebbe dovuto svolgersi in via delle Quattro Fontane; attaccare i tedeschi o meglio gli austriaci appena uscivano da via Rasella e svoltavano a destra, ma Salinari venne da me e mi disse che non dovevamo attaccare in Via delle Quattro Fontane.
Che cosa è stato l'attacco partigiano di via Rasella?                                                                  
L'attacco partigiano di via Rasella è stata una battaglia a cui hanno partecipato una ventina di persone. Rosario Bentivegna ne ha indicate quindici-venti; lui però non conosceva l'intera pianificazione, lui aveva il suo compito da portare a termine. Una squadra comandata da Francesco Curreli, un sardo antifascista, attaccò con bombe da mortaio brixia modificate; in precedenza avevamo svitato i cappucci delle brixia ed inserito della balistite, quindi sapevamo esattamente quanto tempo avrebbero messo ad esplodere. Dopo l'attacco, alcuni si sarebbero ritirati nel tunnel, altri in via del Lavatore. Fu un'azione orchestrata molto bene. Le squadre  entrarono in azione dopo l'esplosione della bomba nel carretto della spazzatura.
Il piano originale non prevedeva il carretto ma due cassette, una in alto ed una in basso. Io e Lucia avremmo acceso la cassetta più alta in prossimità di via delle Quattro Fontane, poi saremmo fuggiti verso Santa Maria Maggiore. Marisa Mussu ed Ernesto Borghesi avrebbero acceso la cassetta in basso. La dinamica dell'azione è stata questa: prima l'esplosione del carretto, poi l'esplosione della cassetta in basso a sud del carretto, subito dopo l'attacco dalle vie laterali con le bombe brixia e, infine, l'esplosione della cassetta in alto per inviluppare la colonna tedesca in una serie di esplosioni che avrebbe disorientato i tedeschi. In un primo momento, questi pensarono di essere stati attaccati dalle finestre dei palazzi. Successivamente, pensarono di essere stati attaccati da mortai, poi credettero che l'attacco fosse stato lanciato da una piccola caserma di fascisti, che allora si trovava in via Rasella. Dopo la battaglia, la strada si presentò piena di cadaveri e feriti, i palazzi circostanti ricoperti di fori provocati dai proiettili e dalle schegge delle bombe. I tedeschi furono imbottigliati nella via. L'azione andò oltre le previsioni.
Kappler trovò 33 morti, frammenti di bombe da mortaio. Per molto tempo, credette di essere stato attaccato con i mortai; andò anche al Quirinale a cercarli. Naturalmente non c'erano. Fu Caruso, il Questore di Roma, a dire a Kappler che i mortai non c'entravano nulla, che erano stati dei giovani, ragazzi e ragazze, a portare l'attacco alla colonna di SS. A Caruso l'informazione era arrivata da un certo Guglielmo, uno che aveva tradito. Lucia era stata a casa di Guglielmo più volte, durante i continui spostamenti per non farsi sorprendere dai nazisti, ne aveva conosciuto la moglie ed i figli.  Kappler, fino a quel momento, non aveva mai lontanamente pensato alla presenza di ragazze; invece c'era Maria Teresa Regard, che era stata nel carcere di via Tasso con Don Pietro Pappagallo, c'era Carla Capponi, c'erano Lucia Ottobrini e Marisa Mussu. Il comandante delle SS andò su tutte le furie quando seppe poi che Lucia Ottobrini (nome di battaglia Maria) era di lingua tedesca.
Lucia, che parlava e parla tedesco, fece decine di missioni infiltrandosi tra i tedeschi, acquisendo informazioni di prima mano.
Ci troviamo nell'appartamento di Mario Fiorentini. Gli chiedo di dirmi dove nascondesse le armi.
Questo appartamento, che ho ereditato da mia madre, era di proprietà della sorella di mia madre, mia zia. In quel periodo cambiavo continuamente posto, andavo da una casa all'altra. Uno dei miei rifugi era qui; il salone in cui ora ci troviamo non era così grande, era suddiviso in stanzette separate. C'era una piccola stanzetta dove io avevo un lettino, avevo i libri e sotto il lettino avevo le bombe brixia, avevo le armi.
Cosa successe, dunque?
Successe che l'esplosione ebbe degli effetti che noi non avevamo previsto. L'immane esplosione fece esplodere le bombe che i tedeschi portavano indosso, due a testa; ebbe un effetto superiore a quello che immaginavamo; andò tutto storto. La tradizione diceva che il reparto attaccato avrebbe dovuto fare la rappresaglia. Il comandante, invece, un austriaco cattolico si rifiutò. Non se la sentì; avrebbe voluto prima far confessare quelli da passare per le armi, inviare dei preti a confessare i condannati. Questo paradossalmente fu una disgrazia, perché se avesse accettato non sarebbe stato in grado tecnicamente di farla nelle 24 ore successive all'attacco, come poi invece fece Kappler, il quale prese in mano la situazione e con una determinazione e ferocia diaboliche portò a termine la rappresaglia con inusitata rapidità il giorno successivo. Nel suo diario, Franco Calamandrei racconta che il 17 ci siamo riuniti con Salinari (Spartaco) per attaccare il 18. Quel giorno però la colonna tedesca non passò; il 19 lo stesso; i tedeschi passarono il 20 (non è vero che passavano tutti i giorni). Questo è scritto anche nel diario di Zazà (Rosario Bentivegna). Io ero contrario all'azione con il carretto però le cassette non erano pronte, perché non doveva vedersi il fumo che usciva dopo l'accensione della miccia. L'azione prevista per il 23 marzo, ricorrenza della rivoluzione fascista, era stata concepita, come detto, per colpire i fascisti che avevano portato la guerra, per vendetta contro i nazisti. C'è un aspetto, inoltre, a cui sono molto interessato ovvero all'uso strumentale della storia. Ci sono due interpretazioni: la prima dice che il Battaglione “Bozen” era formato da riservisti, truppe stanziali non combattenti, poco importante. La seconda sostiene, invece, che  l'azione di via Rasella ha comportato meno vittime di quelle che il Battaglione avrebbe provocato se non fosse stato neutralizzato. Inoltre, in quel periodo, a Roma era stato inviato dal Nord il Battaglione “Barbarigo”, da impiegare sul fronte di Anzio.
Il 10 marzo, anniversario della morte di Mazzini, attaccammo il Battaglione “Onore e Combattimento” in via Tomacelli. Questi tre attacchi avevano dato un segnale importante, a seguito dei quali i tedeschi avevano desistito dall'organizzare una difesa nella città di Roma, che avrebbe portato lutti e distruzione.
Cosa avete fatto dopo l'attacco e quando avete saputo dell'intenzione tedesca di compiere la rappresaglia?

Subito dopo l'azione fuggimmo e ci nascondemmo. I tedeschi erano furibondi. Dal punto di vista militare, il durissimo attacco subito nel cuore di Roma fu uno smacco umiliante, mai accaduto prima nelle città dell'Europa occupata. Il giorno dopo, mentre noi eravamo ancora nascosti, seguì la fulminea tremenda rappresaglia tedesca alle Fosse Ardeatine, ove vennero trucidate 335 persone di età compresa fra i 14 ed i 75 anni. Fra questi vi erano anche miei amici. Noi sapemmo della rappresaglia solo dopo l'esecuzione della stessa. Dopo l'azione di via Rasella, io e Lucia, ricercati dai nazisti, venimmo inviati dalla giunta militare del CLN a dirigere le operazioni nella zona di Tivoli e Castelmadama. 
(post su www.storiainlaboratorio.blogspot.com. per informazioni:studentiecultori2009@libero.it)

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