materiali per le tesine dell'esame di stato
L'IMPORTANZA DELLA RADIO
NELLA PRIMA GUERRA
MONDIALE
1914 - 1918
Le trasmissioni radio non sono state inventate durante la guerra, ma la loro utilità sui campi
di battaglia ne ha accelerato lo sviluppo, rendendo possibile la loro affermazione per uso civile nel
dopoguerra.
La rivoluzione nella comunicazione è avvenuta quando lo scambio di informazioni che prima
avvenivano tramite corrieri o bandiere segnaletiche, iniziò a contare su un sistema del tutto
innovativo, molto più affidabile e praticamente istantaneo. Nel 1915 la trasmissione radiofonica
era già una realtà capace di varcare i confini oceanici, furono quindi addestrati parecchi addetti,
impegnati a mantenere collegamenti tra il fronte e le retrovie per sfruttare questi nuovi
apparecchi per scopi bellici, e nacquero nuove figure professionali capaci di decifrare codici e
codificazioni, così come i sistemi di spionaggio.
Uno dei grandi limiti dell’invenzione di Marconi risiedeva nel fatto che si potevano inserire
solamente impulsi adatti per il codice Morse e non messaggi vocali o suoni come li conosciamo
oggi. A un apparecchio trasmettitore a spinterometro era affiancata una ricevente, costituita da
nastri magnetici o a cristallo adatti alla ricezione del Morse.
Lo sviluppo della radio comincia a compiere dei passi significativi poco prima della guerra nel
1904, anno in cui Fleming della University College di Londra inserì la valvola termoionica alla
“stazione Marconi”. Il diodo inserito inizialmente venne sostituito da un triodo inventato da De
Forest, cioè di un sistema a tre valvole che generava oscillazioni ad ampiezza costanti a bassa
frequenza, assicurando una maggiore pulizia del segnale e una grande capacità di modulazione e
trasmissione del segnale a una lunghezza d’onda prescelta.
Malgrado le innovazioni, la radio continuò ad avere evidenti problemi di dimensioni,
interferenza elettrica e scarsa selettività degli apparecchi trasmettitori, oltre a una bassa
amplificazione dei segnali con i problemi di ricezione connessi.
La radio, anche se possedeva ancora dei limiti, venne vista comunque come un potente
mezzo di comunicazione, e durante la guerra fu motore di economia e ricerca.
Man mano che la guerra progrediva, la radio divenne un importante supporto per le truppe:
per esempio serviva a indirizzare il fuoco verso l’esercito nemico nei momenti più confusi della
battaglia. L’esercito richiedeva apparecchiature più compatte, capaci di sintonizzarsi al meglio e di
amplificare il segnale di ricezione. Per ovviare a questo problema, Marconi inventò il ricevitore a
cristallo numero 16, che riduceva il rumore di fondo ed era dotato di una batteria interna che
generava una corrente elettrica tra i due cristalli, che ne aumentarono la
sensibilità.
I veri sviluppi però si ebbero quando entrarono in campo gli Stati Uniti
nel 1917. Le valvole termoioniche per esempio passarono da una
produzione di circa 400 valvole alla settimana prima del 1917, a oltre
20.000 alla fine del conflitto. L’impiego di apparecchi a valvola con
frequenze stabilizzate con antenne a telaio di piccola dimensioni
agevolò successivamente l’organizzazione dei servizi così detti a
maglia. In tali servizi un gruppo di stazioni funzionanti con la stessa
lunghezza d’onda formavano una maglia: su di una stessa maglia una
sola stazione per volta poteva trasmettere. L’insieme delle maglie di
una grande unità formava una rete, i cui nodi erano costituiti dalle
località ove convergevano i vertici di più maglie. I nodi si trovavano
presso i Comandi di grandi unità e in ogni nodo funzionavano più
stazioni contemporaneamente con lunghezze d’onda molto diverse.
Negli stessi anni, Ernst Alexanderson introdusse uno strumento per
sintonizzare la radio, tuttora integrato nei nostri dispositivi.
Sotto la spinta delle esigenze belliche, si svilupparono anche
sistemi localizzazione, che nel dopoguerra resero più sicuri i voli e
diedero slancio all’espansione dell’aviazione anche civile.
Sebbene in modo ancora inefficiente, si comprese ben presto che la trasmissione di onde
radio rendeva possibile la localizzazione della posizione dell’antenna che recepiva il segnale.
La Telefunken fu la prima azienda a sfruttare l’opportunità di localizzare i propri dirigibili,
montando una radio-bussola sopra gli Zeppelin. Il dirigibile, a differenza degli altri aeroplani, era
grande a sufficienza per trasportare apparecchiature radio di grandi dimensioni, e l’introduzione a
bordo di questa innovazione era di primaria importanza dato che i velivoli venivano mandati sui
territori nemici – prevalentemente francesi e inglesi – durante la notte.
Le timide innovazioni introdotte durante la prima guerra mondiale forse non sono state così
utili ai fini della guerra perché avevano ancora troppe carenze, ma hanno posto le basi per lo
sviluppo successivo delle trasmissioni radio ad uso civile, della marina e dell’aviazione.
LA RADIO NELL'ESERCITO
Nonostante la radio fosse già utilizzata da qualche anno nei paesi europei, nel 1914 sia la
Francia, sia l’Inghilterra e l’Italia disponevano di un limitatissimo numero di stazioni radiofoniche
da campo.
L’Inghilterra, però, possedeva le officine della Compagnia Marconi e la Francia quelle della
Société Radioèlectrique: grazie ad esse tali nazioni poterono rapidamente munirsi di un elevato
numero di stazioni militari di vario tipo.
L’Italia disponeva delle Officine Marconi di Genova e dei brevetti dell'inventore con il quale
era stata stabilita una convenzione secondo cui lo stato poteva fare libero uso delle sue invenzioni
a vantaggio dell'arsenale militare.
Valvola termoionica
americana, 1917
da audiovalvole.it
In questo periodo, quindi,
l'Europa vide una forte
accelerazione nello sviluppo della
radio, dovuta specialmente per la
necessità del suo impiego in
guerra.
Tale applicazione fu dedicata
a numerosi servizi: da quelli
intercontinentali fino a quelli per il
collegamento delle varie divisioni
sul campo da battaglia.
È necessario precisare che
gli apparecchi radiofonici, a
seconda del compito a cui erano
destinati, erano di diversa entità:
per esempio le comunicazioni
internazionali avvenivano tramite
antenne che recepivano e
trasmettevano onde
omnidirezionali e che quindi
dovevano essere direzionate,
mentre le radio portatili erano
meno ingombranti e
trasmettevano onde in tutte le
direzioni, anche se più deboli.
LA RADIO SUL MARE
Nel campo navale bellico la radio ebbe successo grazie a un suo particolare impiego: il
servizio radiogoniometrico.
Il radiogoniometro è un sistema di navigazione che
sfrutta una catena di antenne dislocate sul territorio.
È anche definibile come un ricevitore-trasmettitore di
onde radio che continuamente emette segnali
elettromagnetici direzionali che vengono tradotti dagli
strumenti di bordo di aerei e navi per fornire una posizione
abbastanza accurata rispetto alla stazione emittente,
chiamata anche radiofaro.
L’esempio più eclatante dell’applicazione del
radiogoniometro ci è fornito dal governo britannico che nel
1917, estremamente preoccupato dalle gravi perdite subite
alle navi a causa dei sottomarini tedeschi, decise di costruire
numerose stazioni costiere e navali fornite di
Stazione radiofonica da campo francese
utilizzata per inviare messaggi contenenti
informazioni sulla posizione del nemico, 1915
da rsi.ch/speciali
Radiogoniometro
di Marconi - Bellini – Tosi,
1910 – 1915
da lombardiabeniculturali.it
radiogoniometri.
Ogni nave delle marina degli Alleati fu munita di una carta geografica sulla quale i mari
pericolosi erano suddivisi in quadrati numerati. Quando due o più stazioni radiogoniometriche
costiere o navali rilevavano un sottomarino nemico, ne fissavano la posizione nel punto d’incontro
di due o più rilevamenti. Telegrafavano poi con un numero le coordinate cartesiane del nemico
alle navi alleate che si trovavano in vicinanza del quadrato pericoloso.
D’altra parte i sottomarini tedeschi, che ignoravano l’organizzazione del servizio
radiogoniometrico del nemico, telegrafavano frequentemente con le loro basi su stazioni
sintonizzate tutte sull’onda media di 400 metri. Ma non appena essi trasmettevano un segnale
qualsiasi (naturalmente in cifra) erano subito scoperti ed individuati dalle stazioni
radiogoniometriche nemiche che erano in continuo ascolto.
Questo nuovo potente mezzo permise in breve tempo di capovolgere la situazione in favore
degli Alleati.
Lo sviluppo della radiotecnica nella marina è avvenuto in modo da permettere ai segnali ad
onde corte di coprire distanze maggiori e di cambiare rapidamente la lunghezza d’onda per scopi
esplorativi e strategici. Si è inoltre cercato di perfezionare sempre più le tecnologie che
sfruttavano le onde medie per la regolazione del fuoco ed i servizi ad onde lunghe per le
radiocomunicazioni con i sottomarini.
Per evitare interferenze tra i vari apparecchi a bordo di una stessa nave è stato necessario
effettuare accurati studi per definire la lunghezza d’onda più opportuna e la sistemazione più
conveniente delle varie antenne sulla stessa nave. Bisognava infatti evitare che più apparecchi
funzionassero sulla stessa frequenza, creando potenziali disturbi del segnale.
LA RADIO NELL'AVIAZIONE
L’applicazione della radio non si limitò solamente al campo bellico - nautico: trovò infatti
anche largo impiego nel settore dell’aviazione. Fin dallo scoppio della Grande guerra l’Inghilterra
possedeva sedici aeroplani e due dirigibili muniti di radio, mentre la Germania e la Francia decisero
di tenere segreto il numero di mezzi disponibili a quella
data.
In Italia si procedette più lentamente: all’inizio
della Guerra, infatti, nessun aeroplano italiano era
fornito di radio. Nel 1915, però, fu deciso di eseguire
presso il campo di Mirafiori a Torino un primo
esperimento che andò a buon esito e che diede inizio
all’impiego della radio nell’aviazione italiana .
Si trattava di un piccolo trasmettitore a scintilla di
tipo sperimentale della potenza di circa 30 Watts,
costruito dalle Officine Marconi di Genova e portato al
campo di Mirafiori a Torino per essere sperimentato alla
presenza dello stesso Marconi secondo le sue direttive.
Trasmettitore a scintilla di
Marconi usato nell’esperimento
a Mirafiori a Torino installato
su un biplano, 1915
da sierra papa,it
Aveva un peso di circa 16 kg ed era alimentato da una leggera batteria di accumulatori.
Aveva una gamma di lunghezza d’onda compresa fra 100 e 200 metri; il circuito secondario
era costituito dallo scaricatore a scintilla collegato da un lato con la massa metallica del velivolo e
dall’altro lato con un filo conduttore della lunghezza di qualche decina di metri lasciato pendere.
In questo esperimento, però, mancava ancora sul velivolo l’apparecchio ricevitore in quanto
allora si aveva una notevole difficoltà nel captare fra il frastuono dei motori i deboli segnali che
giungevano da terra.
L’esperimento si prolungò per oltre un anno al termine del quale si raggiunse un notevole
risultato: i monoplani da caccia potevano ora comunicare con le basi di terra.
Questa grande innovazione aveva come vantaggio quello di poter regolare con maggiore
precisione il tiro dell’artiglieria rispetto agli anni precedenti.
La storia testimonia che la vittoria inglese nella battaglia di Messines (7 giugno 1917) fu in
gran parte dovuta all’efficientissimo ausilio delle segnalazioni radio inviate dagli aeroplani che
sorvolavano il campo nemico alle artiglierie britanniche.
L’impiego della radio nella regolazione del fuoco risultò talmente utile che al termine della
guerra europea il solo esercito britannico disponeva di oltre seicento stazioni installate su
aeroplani militari.
Durante il 1917 furono sperimentati piccoli apparecchi a valvola del sistema Marconi di tipo
leggero. Essi avevano una portata di circa 50 chilometri ed erano concepiti per sostituire i comuni
trasmettitori del tipo a scintilla allora in uso.
Verso il termine dello stesso anno furono quindi installati su numerosi velivoli italiani e
britannici: uno dei primi trasmettitori a valvola per aviazione fu applicato da Marconi con
l’assistenza dell’ingegner Franklin a bordo di un dirigibile italiano. I risultati ottenuti furono tali da
indurre l’officina radiotelegrafica del Battaglione Dirigibilisti ad avviare una prima produzione in
serie di trasmettitori ad onde persistenti basati su brevetti Marconi.
Simili apparecchi furono installati anche
sulle quadriglie britanniche da
bombardamento sul fronte franco-tedesco.
Alla data dell’armistizio fu scoperto che
l’aviazione tedesca non disponeva ancora di
apparecchi trasmettitori ad onde persistenti,
apparecchi coi quali gli eserciti degli alleati
avevano ottenuto diversi vantaggi nell’ultimo
periodo della guerra.
Questa informazione ci è fornita da un
documento trovato in un aeroplano tedesco
precipitato dietro la linea del fronte francoinglese:
con tale testo venivano promessi
riconoscimenti e ingenti premi all’aviatore tedesco che fosse riuscito a venire in possesso di un
apparecchio radio a valvola termoionica usato dal nemico sui suoi velivoli.
Aereo da caccia dell’aviazione britannica
con installato un trasmettitore ad onde
persistenti, lo Sopwith Camel,
1916,
wikipedia.org
Probabilmente il servizio più innovativo offerto dalla radio nel campo dell’aviazione fu
proprio quello di poter comunicare con le stazioni campali di terra. A tal proposito un’interessante
pubblicazione inglese testimonia così l’uso della radio nella grande guerra:
“Uno dei più importanti impieghi della radio nella guerra mondiale fu forse quello fra velivoli
e stazioni terrestri con una combinazione di servizi che non fu mai pensata prima della grande
guerra. Tali servizi resero possibile ai belligeranti di soddisfare il febbrile desiderio di Napoleone:
vedere che cosa stia accadendo dall’altra parte di una montagna.”
Al principio della guerra mondiale i velivoli muniti di radio, come già abbiamo accennato,
erano rari. Il loro compito era quello di sorvolare il campo nemico e rilevare la posizione
dell’artiglieria nemica: l’osservatore a bordo del velivolo allora la riproduceva in un disegno e,
ritornato col mezzo al di sopra del proprio Comando, lasciava cadere a terra il disegno.
Nell’ultimo periodo della guerra il servizio di regolazione del fuoco venne svolto con la radio
sul fronte franco-inglese in modo molto più efficace: l’osservatore seguiva ininterrottamente da
bordo di un velivolo l’effetto dell’artiglieria alleata e ne radiotelegrafava al proprio Comando i
risultati. Egli poi marcava su una carta a quadretti numerati l’effetto degli esplosivi e ne
trasmetteva le coordinate al Comando, accompagnate da altri numeri che indicavano il risultato
ottenuto.
LA CRITTOGRAFIA
Se da una parte la radio in guerra consentì una velocità di trasmissione dei messaggi
praticamente istantanea, dall'altra fu irrimediabilmente esposta all'intercettazione dei messaggi
da parte del nemico che poteva persino stabilirne la posizione grazie alla radiogoniometria, di cui
abbiamo già parlato.
I primi a rendersi conto di questa nuova situazione furono i Francesi che allo scoppio della
guerra disponevano già di un ben organizzato ed efficiente ufficio cifra presso il gran quartier
generale dell'esercito. Il migliore crittanalista francese era un professore di paleontologia, Georges
Painvin, che riuscì a decrittare la cifra campale germanica nel 1918.
Altrettanto ben preparati furono gli Austriaci che già nel 1914 riuscirono a decrittare, anche
se solo in parte i radiomessaggi russi.
Negli altri paesi furono organizzati veri e propri uffici cifra solo dopo l'entrata in guerra.
Il capo dell'ufficio crittologico della Marina Britannica era Sir Alfred Ewing. Egli organizzò la
Room 40 dove si decrittavano migliaia di radiomessaggi della marina tedesca. Il più noto di questi
messaggi fu il "telegramma Zimmermann" con il quale i Tedeschi offrivano un'alleanza ai
Messicani. Questo messaggio fu uno dei fattori che spinse gli USA a entrare in guerra nel 1917.
Questi ultimi, non avendo un Ufficio Cifra federale, promossero il reparto crittologico dei
laboratori Riverbanks di Chicago che entrò in funzione solo al termine del 1916.
Assolutamente impreparati furono soprattutto i Russi che all'inizio della guerra non si
preoccuparono di cifrare i loro messaggi radio: durante la battaglia di Tannenberg, nell'agosto
1914, persino gli ordini operativi vennero trasmessi in chiaro. Questo fu un formidabile regalo ai
Tedeschi che intercettarono tutto e poterono anticipare le mosse del nemico.
Successivamente, nonostante l’esercito russo iniziasse a prendere alcune precauzioni
criptando i messaggi radio, i Tedeschi riuscirono ugualmente a decifrare il loro codice. Tale
successo è da attribuire al principale crittanalista tedesco: il prof. Deubner.
In campo crittologico gli Italiani erano
nelle medesime condizioni dei russi, tanto
che dovettero inizialmente appoggiarsi
all'ufficio cifra francese; solo
successivamente fu costituito un ufficio
cifra autonomo sotto la guida di Luigi Sacco.
All'inizio del XX secolo la crittografia in
Italia, aveva toccato uno dei suoi livelli più
bassi; basti pensare che era ancora in uso il
cifrario militare tascabile.
Quando l'Italia entrò nella Grande
Guerra la stazione radiotelegrafica di
Codroipo era in grado di intercettare i
messaggi austriaci ma non di decrittarli. Per
rimediare, il Comando Supremo inviò nel
luglio 1915 il cap. Sacco, comandante della
stazione di Codroipo, in Francia per cercare
l'aiuto del ben organizzato ufficio cifra francese.
Ci volle la disfatta di Caporetto nel 1917 per convincere gli alti comandi italiani ad
abbandonare i vecchi cifrari e di adottare quei nuovi più sicuri sistemi che avevano fino allora
rifiutato perché ritenuti troppo complicati. Un accorgimento degli alti comandi italiani fu che, a
differenza di altri paesi, decisero sempre di evitare di trasmettere per radio i messaggi più
importanti.
La possibilità di intercettare e decrittare i messaggi austriaci ebbe un'importanza non
trascurabile nel 1918 quando il fronte si trovò a dover fronteggiare l'offensiva austriaca del Piave.
In definitiva fu proprio la Grande Guerra a far scoprire a molti Stati l'importanza della
Crittografia, il cui ruolo diventerà assolutamente fondamentale nella II guerra mondiale.
Più tardi, per rendere i messaggi difficilmente intercettabili, si ricorse alla trasmissione
automatica ad alta velocità: il comunicato risultava inizialmente incomprensibile per la rapidità
con cui era trasmesso. Per poter decifrare e rendere comprensibile il messaggio occorreva far
rigirare lentamente i dischi sui quali erano stati registrati i messaggi intercettati.
A tale riguardo fu stabilita alla Marconi House a Londra una vasta e perfetta organizzazione
nell’interesse delle Nazioni alleate dell’Inghilterra ma i tedeschi riuscirono ad inviare ugualmente
ai propri connazionali in America messaggi circolari importantissimi che, sebbene intercettati dagli
americani e dagli inglesi, non furono decifrati.
L’intercettazione dei radiomessaggi diede luogo ad una vera e propria guerra
radiotelegrafica con tutte le relative astuzie. I bollettini di guerra trasmessi per radio da ambo le
parti erano attesi con grande ansia presso i Comandi di tutti i belligeranti. Tuttavia furono scoperti
molti bollettini falsi e con firme false. Così pure per rendere dubbi i rilievi radiogoniometrici da
parte del nemico vennero impiegate stazioni trasmittenti speciali poste in false posizioni.
Tavola di vigenere, sistema di codifica su
cui era basato il cifrario militare italiano
tascabile, 1917
da storia radio.it
CONCLUSIONE
Filippo Tommaso Marinetti nel settembre 1914 disse: «Soltanto la guerra sa svecchiare,
accelerare, aguzzare l'intelligenza umana». Effettivamente le grandi innovazioni tecnologiche
messe in moto dal primo conflitto mondiale, fra cui la radio, sembrano confermare la sua ipotesi.
Ma varrebbe forse la pena chiedersi invece quali progressi sarebbero stati possibili senza «l'inutile
strage». «La scienza è dell'umanità in tempo di pace; della patria, in tempo di guerra» come
affermava il premio Nobel per la chimica Fritz Haber nel 1918. Pochi furono gli scienziati coinvolti
nell'impresa bellica quanto Guglielmo Marconi. Egli, avendo un’origine anglo - italiana, sdoppiò il
suo patriottismo mettendosi al servizio di due governi e di due eserciti.
Concludiamo questo lavoro riportando il pensiero di Riccardo Chiaberge che così si espresse
durante un convegno a Roma che verteva sui rapporti tra primo conflitto mondiale e sviluppo della
ricerca.
(Su Segnalazione di Massimo Ossidi per la Accademia di Oplologia e MIlitaria. Fonte: www.fmboschetto.it/lavori_studenti.)
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