Premessa
Oggetto del presente volume è la individuazione delle
unità, corpi e reparti che componevano il Regio Esercito italiano al 10 giugno
1940, giorno della dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna ed alla Francia
da parte del Regno d’Italia. Questa esposizione è, nella sostanza, la
descrizione del Quadro di Battaglia nei suoi aspetti ordinativi, così come
rappresentato in una pubblicazione del S.I.M., il Servizio Informativo Militare
del 1940. È una fonte aperta, divulgativa, quasi di propaganda, che va presa
cosi come si presenta.
L’ordine di esposizione è quello classico: prima si
riportano gli Istituti di Formazione (Scuole e le Accademie) poi le Armi, che
al tempo di chiamavano combattenti, con le loro specialità, indi i Servizi,
cioè la logistica espressa attraverso le organizzazioni di funzione, indi i
Corpi che erano presenti nel 1940 e che con la guerra sono scomparsi, come
quello della Guardia alla Frontiera, e quelli delle Regie Truppe Coloniali, per
la Libia, per l’Eritrea e per la Somalia. La fonte citata riporta anche una
ampia iconografia del 1940 che rileva come la propaganda spesso è ingannevole.
Molto di quanto è rappresentato, alla prova della guerra, in rapporto tra
obiettivi/mezzi, sì rilevò non all’altezza, sia in termini di qualità che di
quantità. Rimane, peraltro, il dubbio, se tutto ciò sia dovuto a cattivo
impiego dottrinale o di comando o a reale insufficienza quantitativa e
qualitativa. Ma per avere questo occorre articolare il Quadro di Battaglia con
ulteriori dettagli, come la composizione numerica del personale, quella di armi
e equipaggiamenti, quella dei mezzi ed automezzi, quella di dotazioni e scorte,
ma si sarebbe andati i limiti per questo volume. Così come è presentato, il Quadro di Battaglia
permette di dire che il Regio Esercito italiano avrebbe dovuto dare, almeno nei
primi mesi di guerra, risultati più positivi di quelli poi realmente conseguiti,
in quanto era una entità di tutto rispetto.
I limiti di spazio sono individuati nei confini del
Regno d’Italia quali erano nel 1940: il territorio metropolitano, quello che
veniva definito “la madrepatria”, indi il Regno d’Albania con i suoi confini
del 1939, poi il Dodecanneso, la Libia, l’Eritrea e a la Somalia, che erano
considerate colonie, e il territorio del Regno d’Etiopia, conquisto, ma non
assoggettato completamente, nel 1936. Eritrea, Somalia e Regno d’Etiopia, tutti
territori nel cosiddetto Corno d’Africa, erano denominati anche A.O.I., Africa
Orientale Italiana.
I limiti di tempo sono precisi: il 1940, nel mese di
giugno, nella avvertenza che in quei mesi iniziali dell’anno erano stati
adottati vari provvedimenti ordinativi, in relazione alla nostra dichiarata
“non belligeranza”, ma sostanzialmente non incidenti nel Quadro di Battaglia,
così come noi lo stiamo presentando.
Scopo e finalità della ricerca, di cui questo volume è
espressione, è quello di dare una idea delle nostre forze di terra, che non
erano poi, in raffronto a quelle degli altri Eserciti europei, così deboli e
inconsistenti come poi, nel secondo dopoguerra si volle far credere a
giustificazione dei risultati conseguiti, e, in un contesto più ampio, a
giustificare una guerra perduta. Certamente la guerra, divenuta mondiale, non
si sarebbe vinta, come non la vinta né la Germania, né tantomeno, la stessa
Francia, invasa, divisa ed occupata per cinque anni, e, nella sostanza
strategica, la stessa Gran Bretagna. Ma, per L’Italia date le forze a
disposizione, una condotta migliore e qualche vittoria su larga scala, che in
39 mesi di guerra non fu mai conseguita, che si poteva, peraltro, conseguire avrebbe
dato al Regio Esercito, inteso nella sua globalità, più prestigio e più
considerazione.
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