1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO

1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO
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1866 Il Combattimento di Londrone

ORDINE MILITARE D'ITALIA

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CAVALIERE DI GRAN CROCE

Collana Storia in Laboratorio

Il piano editoriale per il 1917 è pubblicato con post in data 12 novembre 2016

Per i volumi pubblicati accedere al catalogo della Società Editrice Nuova Cultura con il seguente percorso:
www.nuovacultura.it/catalogo/collanescientifiche/storiainlaboratorio

.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014

.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014
Collana Storia in Laboratorio . Scorrendo il blog si trovano le indicazioni riportate sulla quarta di copertina di ogni volume. Ulteriori informazioni e notizie possono essere chieste a: ricerca23@libero.it

Testo Progetto Storia In Laboratorio

Il testo completo del Progetto Storia in Laboratorio è riportato su questo blog alla data del 10 gennaio 2009.

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La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011

La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011
Direttore della Collana: Massimo Coltrinari. (massimo.coltrinari@libero.it)
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venerdì 30 giugno 2023

La Grandeur

 


Un caso storico, la Francia del “Re Sole”

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta



E’ molto più facile ingannare la gente che convincerla che è stata ingannata”

( Mark Twain)



L’ attuale crisi dell’egemonia americana è la crisi ideologica della narrazione neoliberale propria delle élite politiche occidentali, in cui il liberismo è stato intesa quale liberalismo economico, ossia l’assorbimento di qualsiasi aspetto culturale nei soli rapporti economici che avrebbero dovuto garantire un lungo periodo di pace fondato sui soli interessi economici in comune, la fine della storia.

Questa illusione risoltasi in un conflitto economico – strategico, anche sul piano militare, era già avvenuta tra le due guerre mondiali del Novecento, quando un “pluralismo di gruppi di interesse” portò alla corruzione sistemica e alla conseguente crisi delle istituzioni democratiche del 1929.

La crisi attuale ripropone il problema del recupero dei valori etici e culturali che non possono essere sciolti nel solo aspetto economico, il problema è come diceva Keynes, “cosa mettere al suo posto” ( Grewal D. S., L’autunno del neoliberalismo, 51-62 in “Il bluff globale”- Limes n.4/2023).

Quanto viviamo in questi anni con la crisi di una grandeur si verificò storicamente, sebbene naturalmente in termini diversi, anche alla fine del regno di Luigi XIV, il Re Sole, tra il XVII e il XVIII secolo, dopo un periodo di grandiosa espansione, anche commerciale attraverso il mercantilismo di Colbert e la fondazione di colonie.



  1. Dietro alla facciata dello scenario di “Luigi XIV”.



Negli ultimi decenni del ‘600 e nei primi del ‘700, molte brecce si aprono nella fortezza monarchica e cristiana, il cui ultimo e vero difensore, il Bossuet muore nel 1704. Il regime, già provato dai rovesci militari degli ultimi anni del regno e dall’insuccesso dell’autoritarismo religioso, è minato dalla crisi economica e sociale, dall’emancipazione del pensiero, della nascita di una specie di opposizione.

Il bilancio economico, materiale è disastroso. Nell’industria e nel commercio si formano delle fortune, ma la massa lavoratrice non ne trae benefici, perché i salari, per abbassare i costi, sono bassissimi : nel caso più fortunato permettono solo di non morire di fame, tranne in caso di disoccupazione, di carestia o di spinte in alto dei prezzi.

Lo Stato pensa solo al mantenimento dell’ordine e le rare distribuzioni di pane avvengono solo nei casi disperati, per calmare i cittadini affamati (1693). Da tutti i documenti che ci permettono la ricostruzione della storia delle campagne francesi, se evince che la vera padrona è la paura. Una paura latente, continua, generatrice di sussulti pieni di disperazione, davanti all’incertezza del domani, alla fame, alla doppia fiscalità regia e signorile.

Nella città ci sono alcune iniziative di carità, specie religiose: così la Compagnia del Santo Sacramento a Lione difende i salariati dai padroni, ma i magistrati e le forze dell’ordine si affiancano ai padroni. Si può scorgere in tutta la Francia una specie di lotta di classe mascherata: i compagnonnages dei lavoratori tentano degli scioperi, sempre spezzati e spesso nel sangue, contro la tirannia delle corporazioni. I salari variano da 6 a 30 “sols”ma il pane costa 1 “sol” alla libbra e sale a 3 o a 4 nelle epoche di carestia e le feste non sono mai pagate (sono almeno 92 giorni all’anno), i tumulti sociali “emotions”, come venivano chiamati, sono tanti da non essere calcolabili.

Nel 1709 delle bande di popolani di Parigi si spingono sino a Versailles per gridare sotto alle finestre della reggia. Non c’è personaggio che conti del regno che non abbia lasciato ricordi della miseria, della mendicità, della mortalità che affliggevano il regno.

La miseria peggiore regna nelle campagne. Bisogna intendere alla lettera La Bruyère che parla di “animaux farouches” che non mangiano che “racines”, miseria fisiologica e morale insieme. I tumulti contadini sono disperati e innumerevoli, le lagnanze che giungevano al sovrano, agli Intendenti, la stessa corrispondenza ufficiale e i documenti di stato lo confermano.

La Francia popolare di Luigi XIV è un inferno, le sommosse vengono soffocate in modo atroce, Madamne de Sévigné, che del resto non se ne commuove, ce lo racconta; vede gli alberi piegarsi sotto il peso degli impiccati e i soldati del suo amico, duca di Chaulnes, governatore di Bretagna, “ceux ci, mirent l’autre jour un petit enfant à la broche”.

In Bretagna, molti castelli erano stati allora incendiati ed era in corso una guerra sociale, questo nel 1675, negli anni in cui il re è al sommo dei suoi trionfi, verso la fine del regno la rivolta serpeggia e cova dappertutto, nel 1703 c’è una insurrezione nella Linguadoca e nel 1709, si canta:



Le grand-père est un fanfaron,

le fils un imbécile

le petit fils in grand poltron,

Ah! La belle famille!

Que je vous plains, peuple francais

Soumis à cette empire!

Faites ce qu’ont fait les Anglais,

c’est assez vous dire …



L’industria subisce nell’insieme la depressione generale, la fine del regno vede rallentarsi la produzione delle “manifactures”, la cui direzione dopo Colbert è diventata poliziesca. Il grande commercio sfugge al mercantilismo, diventa libero e la sua floridezza contrasta con la miseria generale, il commercio procura lauti guadagni, perché le classi agiate consumano ora lo zucchero, il caffè, il the, il cioccolato e il tabacco, così i grandi commercianti di Lione, di Nantes, di Rouen esigono ed ottengono dal re l’abbandono del colbertismo ormai superato.

Questi successi dell’iniziativa privata si aggiungono alle attività dei corsari che vivono la loro epoca d’oro. L’alleanza spagnola apre le vie del Sud America, e il Cile e il Perù sono ora visitati dalle navi francesi, lentamente ci si converte in economia al liberoscambismo. Si afferma un mercantilismo moderato, già delineatosi alla pace di Rijawijk, nel 1713 si firmano trattati di commercio con tutti gli ex nemici, Boyguilbert è un precursore dei Fisiocratici: la ricchezza dei popoli è nell’agricoltura.

Il bilancio intellettuale

Il bilancio intellettuale è più grave ancora perché incrina le basi stesse del regime. La Francia partecipa a quel momento di trapasso che è “la crisi della coscienza europea”, per ripetere l’importante definizione di Paul Hazard. La Ragione sovrana, il Soggetto, partito dal dubbio cartesiano si alza ora a misurarsi contro il conformismo delle idee tradizionali.

Del resto, all’interno del bel frutto dell’ortodossia religiosa e monarchica, quanti vermi roditori: l’inquietudine, la “ricerca della verità” del Malebranche che cerca di conciliare la Ragione con la Fede, la curiosità della Natura e delle sue leggi. Con il metodo sperimentale appare anche l’idea di progresso e di Relatività: si schiudono nuovi mondi, dagli orizzonti illimitati.

I progressi della scienza e dell’incredulità vanno di pari passo. Luigi XIV e Colbert proteggono e incoraggiano i dotti, gli scienziati, ma seminano anche germi distruttori. Il loro secolo è quello di Galilei, di Newton, di Harvey, di Huigens, di Torricelli, di Cassini, di Pascal e di Leibniz. E’ il secolo in cui il telescopio e il microscopio introducono l’infinito concreto che sconvolge l’idea dell’universo trasmessa dalla Bibbia.

Come conciliare la scienza e la rivelazione? La provvidenza, la genesi, le cronologie della Bibbia con quelle della Cina? E infatti è anche il secolo dei “libertins”, ribelli senza dottrina, ma anche forniti della dottrina del materialismo, discepoli di Gassendi, di Saint Evremond, questo nemico di Pascal.

Sul finire del secolo, il cartesianesimo perseguitato riesce a passare attraverso la sintesi con l’ortodossia che ne fa il Malebranche oppure attraverso i volgarizzatori scientifici come Fontanelle, che tranquillamente dimostra la “pluralità dei mondi”. Bossuet era spaventato dal Trattato teologico-politico di Spinoza, che spazzava via tutte le tradizioni antiche e venerabili e si faceva un dovere di ripensare tutta la tradizione, e dell’Histoire critique di Richard Simon.

La fortezza cattolico-monarchica della Francia di Luigi XIV, si sfasciava sotto i colpi più forti che provenivano dall’Olanda, questo rifugio di tutte le libertà: Bayle poteva distinguere tra “religionnaires” e “ragionaux”, gli spiriti scettici e scientifici.

Sotto Luigi XIV questa eterodossia filosofica non penetra ancora che in una élite colta. ma il successo editoriale del “Dizionario” di Bayle e il gusto diffuso dell’astronomia o per le esperienze scientifiche sono indizi rivelatori. Panteismo o deismo naturalistico penetrano nell’alta società, le censure della Cancelleria o il fulmini della Sorbona erano più uno sprone indiretto che uno spauracchio.

I viaggi o il gusto dell’esotismo dominano il secolo con le molteplici relazioni di viaggi più o meno meravigliosi che rivelano paesi e popoli sconosciuti, non sarà mai abbastanza sufficiente sottolineare quanto abbiano influenzato l’emancipazione degli spiriti.

Vanno ricordati quelli dei gioiellieri Tavernier e Chardin in Persia, quello di Bernier, discepolo di Gassendi, che diventò medico del Gran Mogol, le relazioni dei missionari nel Siam e in Cina, in America del Nord e la copiosa memorialistica delle relazioni di viaggi nel Canada, in Lapponia, in Turchia.

Va assolutamente ricordato l’estroso e strambo barone de La Hontan, ufficiale disertore nel Canada, spirito audace e originale che espone con chiarezza l’assioma della bontà e della virtù dell’uomo primitivo e quindi il corollario della civiltà corruttrice.

Si vede svolgersi inconsciamente da tutti questi scritti la dottrina del relativismo , quella del “clima” cara a Montesquieu, tutti questi racconti vantano la virtù degli abitanti conosciuti, i loro costumi puri e candidi, anche senza la grazia del Cristianesimo. E’ già tutta la teoria del “Buon Selvaggio” o quella del “Santo Cinese” virtuoso senza la rivelazione cristiana. E’ la stessa epoca di Bossuet che ha separato la morale dalla religione, osservando il mondo: lo “urone” di Voltaire, il Persiano di Montesquieu sono nati in questo periodo.

Nel regime di Luigi XIV un’opposizione non poteva essere se non velata e clandestina. Bisogna notare pertanto che, tranne gli scritti vendicatori dei Protestanti rifugiati in Olanda come un Jurieu che pone il diritto dell’insurrezione in nome della sovranità nazionale (ma senza sviluppare i diritti dell’individuo), l’opposizione è semi-ufficiale ed è opera di sudditi leali, ma dallo spirito fiero e indipendente. Persino La Bruyère, tanto conformista, osa porre il problema: “Il gregge è fatto per il pastore, o il pastore per il gregge?”

L’aristocratico prelato Fénelon, il più ardito, non lesina invettiva all’orgoglioso egoismo del monarca, ma le sue critiche non vanno oltre l’ascolto dei suoi amici più stretti, che certamente avranno riferito qualcosa al sovrano. Del resto in politica non va più in là di una monarchia che egli immagina controllata dagli Stati Generali e decentrata (Stati provinciali), dove l’autentica nobiltà feudale (noblesse de l’Epée) avrebbe finalmente trionfato sull’invisa borghesia diventata nobile (la Robe). Feudale è anche Saint Simon, amico del duca di Orléans.

La novità di costoro consiste nel sentimento umanitario, liberale e pacifista con un certo ideale di “giustizia” che è molto chiaro nel Vauban.

In tutti i campi soffia un vento di libertà, contro tutte le “règles” e l’opinione pubblica, ormai stanca, si attende “novità”, una certa libertà licenziosa circola nel circolo dei Vendome, e a corte, dal duca d’Orléans.

Libertà gaia regna nel circolo della duchessa del Maine; libertà dello spirito da Madame de Lambert che vuole “rendere alla Ragione tutti i suoi diritti”; libertà d’immaginazione, di fantasia aggraziata e gentile nei “Contes” di Perrault (“La bella addormentata nel bosco”), nelle “Mille e una notte” tradotte da Galland, nei romanzi di avventure, nei romanzi picareschi di Le Sage, nei poemi galanti o nella pittura ardente e sognatrice del giovane Watteau.

Alla morte del re, Montesquieu può dire che “il regno del defunto re è stato così lungo che la fine ne aveva fatto dimenticare l’inizio”.

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