1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO

1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO
Il volume e acquistabile presso tutte le librerie, oppure si può chiedere alla Casa Editrice (ordini@nuovacultura.it) o all'Istituto del nastro Azzurro (segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)

1866 Il Combattimento di Londrone

ORDINE MILITARE D'ITALIA

ORDINE MILITARE D'ITALIA
CAVALIERE DI GRAN CROCE

Collana Storia in Laboratorio

Il piano editoriale per il 1917 è pubblicato con post in data 12 novembre 2016

Per i volumi pubblicati accedere al catalogo della Società Editrice Nuova Cultura con il seguente percorso:
www.nuovacultura.it/catalogo/collanescientifiche/storiainlaboratorio

.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014

.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014
Collana Storia in Laboratorio . Scorrendo il blog si trovano le indicazioni riportate sulla quarta di copertina di ogni volume. Ulteriori informazioni e notizie possono essere chieste a: ricerca23@libero.it

Testo Progetto Storia In Laboratorio

Il testo completo del Progetto Storia in Laboratorio è riportato su questo blog alla data del 10 gennaio 2009.

Si può utilizzare anche la funzione "cerca" digitando Progetto Storia in Laboratorio.

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La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011

La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011
Direttore della Collana: Massimo Coltrinari. (massimo.coltrinari@libero.it)
I testi di "Storia in Laboratorio"
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martedì 26 aprile 2011

Uscito il volume n. 14 della Collana Storia in Laboratorio


 Massimo Colttrinari

La guerra italiana all'URSS. 1941-1943. Le operazioni

Roma, Società Editrice Nuova Cultura, pag. 260, 17x24, Euro 20

per ordinazioni

Il volume descrive le varie fasi di questa campagna; dall’opera ben fatta del Corpo Italiano di Spedizione In Russia (C.S.I.R) alla marcia al Don della primavera-estate del 1942, la prima e sopratutto la seconda battaglia difensiva del Don in cui si consuma la tragedia delle Forze Armate italiane in terra russa. L’ultimo capitolo è dedicato alla perdite, in termini di Caduti, Dispersi, Prigionieri. Un numero veramente impressionante, che non può trovare giustificazione, secondo quando ormai è sedimentato nella pubblica opinione italiana, nel cattivo equipaggiamento dei nostri soldati. L’autore sostiene che atre cause concorrono a questa tragedia. Anche con il miglior equipaggiamento possibile per quei tempi, ma anche quello disponibile oggi, le condizioni i cui i nostri soldati furono costretti ad operare furono e divennero tali che si sarebbero avute le abnormi perdite che si ebbero. Una volta che le nostre forze ebbero svolto l’azione di frenaggio e resistenza, e questa durò per oltre 10 giorni, un tempo ragionevole per permettere alle forze mobili tedesche di reagire e ripristinare la situazione, avendo la violenza dell’attacco sovietico sconvolto tutta l’area della battaglia, ci si doveva arrendere sul posto, cercando di avere il coraggio virile di trovare nella prigionia e nella clemenza del nemico la via di salvezza. Sicuramente molti Italiani sarebbero sopravissuti. Aver cercato a tutti i costi di arretrare in quelle condizioni fu a causa primaria della tragedia.
Una tesi che si vuole portare alla discussione, soprattutto dei giovani studenti, che attraverso il materiale acquisito attraverso il Progetto Storia in Laboratorio, sia feconda di considerazioni ed osservazioni.

Di seguito la Presentazione del Volume da parte dell’Ambasciatore Alessandro Cortese De Bosis.

Presentazione

Presentazione








Il Volume descrive le operazioni condotte dalle Forze Armate Italiane dal luglio 1941 al marzo del 1943 in Russia e si inserisce nel Progetto Storia in Laboratorio che ha lo scopo ultimo di mettere a disposizione degli studenti materali di approfondimento riguardo alla nostra storia recente.

Il Progetto Storia in Laboratorio, che la Associazione Nazionali Combattenti della Guerra di Liberazione ha avviato fin dal 2004, oltre a sostenere la pubblicazione dei vari contributi avuti dagli Studenti nella Rivista 2Il Secondo Risorgimento d’Italia”, ha svolto anche attività di ricerca e acquisizione di documenti e memorie dei Combattenti della Guerra di Liberazione, in particolare e Combattenti Italiani, in generale. La acquisizione recente di un lascito d’archivio del Signor Aldo resta, a cui noi va il nostro grato e riconoscente ricordo, ci ha permesso di formulare un ulteriore segmento di attività dedicato alla Campagna di Russia. Era da tempo che si acquisivano elementi per attivare questo segmento, come, ad esempio, l’archivio fotografico della Famiglia Grilli di Castelferretti (Ancona) individuato nel 2008 contenente oltre 200 fotografie ed altro materiale sulla campagna di Russia, gli scritti di altri reduci dell’area anconetana, nonché materiale vario acquisito nelle attività editoriali e di convegni.

Su questa base si è ben accolta la proposta dell’Autore di questo volume, Massimo Coltrinari, di inserire nel Progetto Storia in Laboratorio i risultati ottenuti in un progetto dedicato alla Prigionia in terra sovietica avviato fra il 1999 ed il 2002 dalla Associazioni Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione. Questo progetto prevedeva la pubblicazione di un volume dedicato alla Prigionia italiana in mano alla Unione Sovietica, che doveva essere il terzo dedicato alla Prigionia Italiana della Seconda Guerra Mondiale. La ricerca svolta presso la A.N.R.P. ebbe un contributo estremamente significativo dall’UNIRR, l’associazione che raggruppa i reduci ed i familiari dei caduti in Russia, con la collaborazione oltre che del presidente nazionale Piazza, anche di Carlo Vicentini ed Aldo Resta. Questa collaborazione con l’Autore con Aldo Resta, che, occorre ricordarlo, al momento del rientro in Italia nel 1943, all’indomani della crisi armistiziale entrò a far parte del I Raggruppamento Motorizzato e combatté tutta la guerra di liberazione, è all’origine del lascito archivistico, secondo le precise volontà di resta che la famiglia ha scrupolosamente osservato.

Su queste basi si è deciso di arricchire il progetto Storia in Laboratorio dandogli un ulteriore obbiettivo, ovvero quello di far conoscere la Campagna di Russia ai giovani studenti, e in via subordinata, dare un ulteriore contributo storiografico alla conoscenza di questa campagna riordinando i materiali d’archivio pervenuti.

Le Modalità per attuare questo sono quelle previste dal Progetto Storia in Laboratorio, a cui si aggiunge, oltre alla pubblicazione di volumi specifici, anche la raccolta, la catalogazione, e la messa a disposizione del materiale d’archivio, di libri e di volumi inerenti la Campagna di Russia.

Da qui nasce la collaborazione con la Associazione Pro Castelferretto, che ha di buon grado accolto la proposta di dedicare un apposito spazio a questo materiale, nell’ambito del “Fondo Coltrinari” esistente presso la stessa biblioteca. Tale collaborazione ha permesso di poter versare alla Biblioteca “L. Radoni” il materiale d’archivio pervenuto dalla volontà di Aldo resta sotto la dizione di “Carteggio Resta”. Questa specifica iniziativa prelude ad altre simili, ovvero inserire nel Fondo Coltrinari con le stesse modalità anche altri eventuali carteggi che le famiglie dei reduci dalla Russia eventualmente possono versare o donare oppure rimanere di proprietà ma in uso di consultazione e/o in copia.

Questo quadro di iniziative e di collaborazioni fra le varie associazioni combattentistiche e le famiglie dei reduci contribuisce ad arricchire quella memoria storia che è fondamentale per la nostra Nazione e la nostra Patria, senza la quale non vi è futuro.

Ed è per questo che di buon grado ho approvato la pubblicazione di volumi che testimoniassero su carta queste attività, che non ci si fermasse alla sola attività di acquisizione in archivio e conservazione, ma che si facesse ogni sforzo per divulgare quanto acquisito, pur nei nostri limiti ti risorse e capacità.

Un attento esame del rapporto costo efficacia, e considerate le nostre risorse sia umane che economiche, ci permette di aver adottato un piano editoriale che, per quando riguarda questo segmento del progetto Storia in Laboratorio, è la edizione, nell’arco di tempo di circa 24 mesi, di una quadrilogia di volumi dedicati alla campagna di Russia. Sembra un programma quanto mai ambizioso, ma nella realtà si completano progetti già precedentemente avviti e non conclusi, e ci si avvale della attività della Sezione “Studenti e Cultori della Materia” della nostra Associazione, che sta dando brillanti risultati. Una quadrilogia che prevede nel primo volume la descrizione delle operazioni che si sono svolte i Russia da parte delle Forze Armate Italiane, dal luglio 1941 al marzo 1943; nel secondo volume, la descrizione della prigionia sia russa in mano italiana sia italiana in mano sovietica; nel terzo la pubblicazione delle memorie, dei ricordi di coloro che furono i protagonisti degli eventi, come specifica attività di raccolta di fonti orali; nel quarto la pubblicazioni di materiale iconografico, documenti significativi ed i risultati delle ricerche su base documentale concernente la campagna.

E’ evidente che il terzo volume è dedicato principalmente ai Familiari, soprattutto ai figli e nipoti affinché la memoria dei Padri venga conservata almeno in famiglia; il quardo è dedicato agli studenti che intendono svolgere ulteriori attività di ricerca, mentre i primi due sono dedicati a chi vuole approfondire la tematica della Campagna di Russia.

Anche da queste pagine, è caldo l’invito a coloro che hanno materiale documentale, fotografico o altro di congiunti che sono stati combattenti in Russia di prendere contatto con noi affinché si possa anche con loro instaurare un proficuo rapporto.

Queste premesse erano necessarie per presentare questo primo volume, dedicato alle operazioni. Trovo significativo il titolo: La guerra italiana alla URSS. Nella sua percezione di grandezza, fuori da ogni realtà, il fascismo ed il suo Capo, non esitarono a mettersi al fianco della Germania, dei Nazisti, di quel regime che io definisco del genocidio, che, avendo fallito contro l’Inghilterra, geostrategicamente pensava di attaccare la Unione Sovietica, sconfiggerla e quindi stritolare e strangolare la Gran Bretagna. Un disegno che già Napoleone aveva fallito, e che ebbe la stessa fine. Ma a differenza di Napoleone, i nazisti operarono contro la URSS in modo così violento ed ottuso che riuscirono a farsi nemici coloro, come gli Ucraini, che li accolsero come liberatori dal regime comunista di Stalin.Una guerra di massacri e genocidi, senza criterio, che fu spietata al di la di ogni dire.

Non richiesti, nel 1941, noi Italiani decidemmo di andarvi a partecipare, pur avendo aperto il fronte dell’Africa Settentrionale ove già avendo avuto sconfitte e che necessitava di essere rafforzato e consolidato. Un esempio, e questo si coglie bene nel volume, di dispersione di forze, di non persistenza sull’obbiettivo, e di confusione strategica. I vertici militari, che nel dopoguerra, a disastro avvenuto, si affannarono a dimostrare che la “colpa” di tata sventura era solo dei “politici”, non fecero nulla per impedire questa spedizione che, dal loro punto di vista, violando vari principi dell’Arte Militare, doveva sembrare assurda e da contrastare. Vi fu, invece, una gara a chi offriva le migliori unità e i migliori reggimenti, come se si andasse ad una gara sportiva. E tutto questo, quando i Tedeschi e lo stesso Hitler, pur non contrastando questo invio di forze, si raccomandavano di rinforza i fronti aperti in cui l’Italia era in difficoltà.

Dopo la battaglia di Mosca, quando la vittoria più volte annunciata, non fu conseguita, con la primavera, i tedeschi, in difficoltà, ed ormai cosci che in Russia non si poteva vincere, almeno nelle menti dei loro generali più avveduti ed equilibrati, richiesero ulteriori forze per fronteggiare una situazione che era divenuta difficile. Qui, ance se di mala voglia, si fu costretti ad inviare altri due corpi d’armata, per un totale di 229.000 uomini, con il relativo materiale, che furono sottratti non solo al fronte libico, ma anche alla difesa del suolo metropolitano. Se, dispiace dirlo, ma è una realtà gli uomini inviati in Russia poco potevano fare nella difesa della patria nel 1943, il materiale inviato, in termini di automezzi, armi, equipaggiamenti, ed altro, sarebbe stato utilissimo ed essenziale. Dalla Russia, come materiale, non ritornò nulla di efficiente ed utilizzabile.

Il volume descrive le varie fasi di questa campagna; dall’opera ben fatta del Corpo Italiano di Spedizione In Russia (C.S.I.R) alla marcia al Don della primavera-estate del 1942, la prima e sopratutto la seconda battaglia difensiva del Don in cui si consuma la tragedia delle Forze Armate italiane in terra russa. L’ultimo capitolo è dedicato alla perdite, in termini di Caduti, Dispersi, Prigionieri. Un numero veramente impressionante, che non può trovare giustificazione, secondo quando ormai è sedimentato nella pubblica opinione italiana, nel cattivo equipaggiamento dei nostri soldati. L’autore sostiene che atre cause concorrono a questa tragedia. Anche con il miglior equipaggiamento possibile per quei tempi, ma anche quello disponibile oggi, le condizioni i cui i nostri soldati furono costretti ad operare furono e divennero tali che si sarebbero avute le abnormi perdite che si ebbero. Una volta che le nostre forze ebbero svolto l’azione di frenaggio e resistenza, e questa durò per oltre 10 giorni, un tempo ragionevole per permettere alle forze mobili tedesche di reagire e ripristinare la situazione, avendo la violenza dell’attacco sovietico sconvolto tutta l’area della battaglia, ci si doveva arrendere sul posto, cercando di avere il coraggio virile di trovare nella prigionia e nella clemenza del nemico la via di salvezza. Sicuramente molti Italiani sarebbero sopravissuti. Aver cercato a tutti i costi di arretrare in quelle condizioni fu a causa primaria della tragedia.

Una tesi che io addito alla discussione, soprattutto dei giovani studenti, che attraverso il materiale acquisito attraverso il Progetto Storia in Laboratorio, sia feconda di considerazioni ed osservazioni.

venerdì 8 aprile 2011

Progetto “Storia in Laboratorio”

Scuola Media “Maria Montessori” Castelferreti Falconara Marittima Ancona

Luigi Tonelli
Spesso le cose migliori riescono se non vi è una preparazione che le precede. Nel quadro di una manifestazione dedicata alla data anniversaria della morte del Duca Ferriti di Castelferreto, il prof. Luigi Tonelli, che aveva collaborato con noi, grazie alla iniziativa di Mario Brutti riguardante le testimonianze della guerra, al numero speciale dedicato alle Marche nel 1944, ha preso l’iniziativa, quasi sul tamburo, di organizzare un incontro con i ragazzi della Scuola Media “Montessori” sui temi della Guerra di Liberazione, su quello della Resistenza in Italia e in Europa e su quello dell’Internamento in Germania e dell’Olocausto.

I ragazzi, tutti delle terza classe, avevano già svolto un ampio lavoro sui temi accennati, in particolare su quello della Resistenza in occasione della data anniversaria del 25 Aprile. Dalle 9,45 alle 11, nell’arco di tempo che si ritiene utile per suscitare nei ragazzi la curiosità e l’interesse per i temi che andiamo proponendo, senza tediarli o affondandoli con le lezioni frontali che suscitano solo reazioni negative, si è parlato del fenomeno della Resistenza in Europa, partendo dal concetto che in Italia dal 1943 al 1945 si è combattuta una Guerra di Liberazione. Una Liberazione da CHI e da Che Cosa? Spiegato il fenomeno del fascismo e del nazismo, si sono tracciate le linee essenziali dei movimenti di liberazione in Grecia, in Albania, in Jugoslavia, in Francia, in Polonia, in Unione Sovietica, sottolineando il fatto che si combatteva in questi paesi, come poi in Italia,e per avere un avvenire migliore, senza violenze e guerre. Ovvero è nato in questo movimento europeo il seme dell’Europa Unita. In particolare, si è presentata la Guerra di Liberazione in Italia, come una guerra un cinque fronti: il Regno del Sud, con ampi cenni a Montelungo, al C.I.L. ed ai gruppi di Combattimenti, al nord, con il movimento partigiano, all’Internamento in Germania, alla resistenza dei Militari Italiani all’estero ed alla prigionia di Guerra. Un ulteriore tempo è stato dedicato al fenomeno concentrazionario tedesco, alla ideologia nazista come ideologia di sterminio e si è accennato all’origine culturale della teoria della razza, che ha portato alla aberrazione dei campi di sterminio. Un interessante scambio di battute e idee con i ragazzi ha concluso l’incontro.



Sono giunti in redazione i temi svolti dai ragazzi, preceduti da questa cordiale ed apprezzata lettera
Gent.mo Signor Massimo,
La ringraziamo sentitamente per la bella lezione di storia, ma anche di vita, che ha tenuto nella nostra scuola.
Con semplicità, ma anche divertendoci, è riuscito a farci capire meglio quanto importante sia stato il Movimento della Resistenza, non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa e come, proprio la lotta armata antinazifascista, che ha visto impegnati non solo dei soldati, ma anche e soprattutto dei civili non politicizzati, ma solo desiderosi di libertà e democrazia, sia il vero fondamento dell’Unione Europea.
Della sua lezione ricorderemo anche l’attenzione che ha posto sul ruolo dei soldati italiani, alcuni, soprattutto prima del ’43, torturatori, massacratori per obbedienza al potere politico –militare, altri, invece, fieri oppositori al regime, decisivi per la riuscita della lotta partigiana cui diedero l’apporto importante della loro esperienza bellica..
Dopo aver ascoltato testimonianze di diversi partigiani e letto quelle dei nostri concittadini raccolte dal prof. Tonelli, la sua lezione ha contribuito a rinsaldare in noi la certezza che la libertà, la democrazia di cui godiamo è il frutto di tanti sacrifici, di tanti lutti, ma anche di tanti gesti eroici.
Per questi motivi la dobbiamo apprezzare di più e, nel nostro processo di maturazione anche socio-politica, cercare di preservarla in ogni modo.
Ringraziandola ancora per la sua disponibilità Le inviamo, come da accordi, alcuni degli elaborati con cui abbiamo partecipato al concorso “25 Aprile” indetto dall’Amministrazione del Comune di Falconara.

Falconara 31 maggio 2006 Distinti saluti




Gli alunni e gli insegnanti della scuola media “Maria Montessori”
Castelferretti (Falconara M.ma)

I Ragazzi scrivono:



Silvia Vignoni

La resistenza è stata un movimento Europeo, che ha interessato le zone sotto l’occupazione tedesca, quindi anche Castelferretti. Il popolo castelferrettese durante l’occupazione tedesca ha vissuto un periodo di continua tensione. Il nostro paese era a rischio di bombardamenti perché presenti nella zona l’aeroporto, la stazione, il porto d’Ancona e la foce dell’Esino. Oltre a questo continuo stato i tensione il popolo pativa anche la fame, pur essendo un popolo agricolo, ed era spesso vittima di razzie tedesche. Il nostro professore Luigi Tonelli che in un suo libro ha raccolto le testimonianze dell’epoca, ci ha raccontato che c’erano rapporti di terrore e di tensione tra i soldati ed il popolo e che c’era anche la paura verso i fascisti.

Nelle case c’erano speso delle violenze tra i familiari,causate da un diverso pensiero politico. Sulla base di questo il prof Tonelli ci ha narrato un fatto:

dei ragazzi avevano trascorso insieme il pomeriggio, ma poi alcuni di loro, la sera si trovavano per le strade dopo il coprifuoco e vennero picchiati dal resto del gruppo, anche se erano amici, poiché appartenevano a due schieramenti politici diversi.

E proprio durante questo brutto periodo che è emersa la solidarietà e la collaborazione tra il popolo. Il popolo era unito, unito contro Hitler, si dividevano quel poco che avevano: generi alimentari, vestiario … oppure si aiutavano gli uni con gli altri per nascondere le scorte di cibo sopra gli alberi oppure sotto la fascine.

Erano costretti a nascondere le scorte di cibo perché i tedeschi gliele avrebbero portate via. Avevano bisogno di quel cibo perché quello razionato era poco poteva essere preso solo con le tessere Annonarie, che prevedevano la distribuzione dei generi alimentari in base all’età e al numero di componenti di una famiglia.

A girare in paese erano prevalentemente le donne, gli anziani e i bambini piccoli perché i ragazzi e gli uomini erano costretti a stare nascosti per non essere arruolati nell’esercito e perché avevano scelto di entrare nei gruppi partigiani, che sorsero spontaneamente dal popolo per sconfiggere i tedeschi, liberare i prigionieri, e quindi riportare la pace. Dalle testimonianze del Ragionier Gianfranco Pistola, Elio Raffaelli e Livia Pergoli ho percepito l’importanza dei partigiani e la pericolosità delle loro lotte. Correvano sempre il rischio di essere scoperti e quindi torturati e uccisi dai tedeschi. Se un componente di u gruppo partigiano veniva catturato il gruppo si scioglieva e spostava la sua sede perché avevano paura che il prigioniero sotto tortura parlasse. Questo non accadeva quasi mai infatti molto uomini morirono a causa delle torture tedesche, ma senza dire una parola. I gruppi partigiani erano come delle associazioni segrete, infatti per comunicare tra di loro senza essere scoperti usavano dei segnali particolari o delle parole in codice. Le donne ricoprivano un ruolo importante perché, non essendo sospettate dai tedeschi, potevano passare liberamente i posti di blocco e portare materiale bellico o messaggi ai partigiani. Durante la guerra hanno ricoperto un ruolo importante anche i contadini, che facevano rifugiare i partigiani nelle loro case, li coprivano e li sfamavano. I contadini mettendosi di guardia sulla porta della loro casa permettevano ai partigiani anche di ricevere aggiornamenti sulla guerra tramite Radio Londra che era appunto vietato ascoltare.

Spesso i partigiani erano giovani e non capivano la politica ma sentivano che a loro mancava la libertà e per questo avevano scelto di arruolarsi nella resistenza. Il valore della libertà è stato sottolineato più volte dai partigiani che ci hanno lasciato le loro testimonianze e ci hanno raccomandato come adulti del futuro di mantenerla, per far si che i loro sforzi non siano stati vani, perché, come scrive Piero Calamandrei, “la pace è come l’aria, ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare”.

Io penso che Calamandrei abbia ragione, i partigiani sanno cosa vuol dire vivere in un paese occupato da gente ostile, hanno provato questa brutta esperienza, e per questo ci raccomandano di non perdere mai più questo importante valore.



Damiano Pietrella

Era il 10 Giugno del 1940, quando dalla radio posta sul davanzale di una finestra, i cittadini di Castelferretti hanno appreso la notizia che l’Italia aveva dichiarato guerra alla Francia e all’Inghilterra.

I giovani, che erano continuamente influenzati dalla propaganda del partito fascista, alla notizia erano felici ed allegri,mentre le donne e gli anziani che avevano già partecipato ad un’altra guerra, non lo erano affatto, poiché sapevano che cosa sarebbe successo. E non si sbagliavano, ben presto si è diffusa la fame, il partito razionava la vendita dei beni di qualsiasi genere e per poter comprare bisognava sempre avere con se la tessere annonaria, nella quale ad ogni acquisto venivano messi dei bollini.

Ma con la fame era cresciuto anche un grande spirito di solidarietà e via via si faceva più forte il legame tra l’intera popolazione.

Legame che si intensificò ancor più, quando a Castelferretti arrivarono i tedeschi, non più alleati ma nemici dell’Italia che ora collaborava con le potenze angloamericane.

I tedeschi rubavano tutto dalle case e per questo la gente nascondeva quello che poteva, dove poteva. Come ci ha spiegato il professor Tonelli, che ha raccolto in un libro le testimonianze dei castelferrettesi , spesso accadeva che i prosciutti e i salami vanivano nascosti tra i rami degli alberi o sotto le fascine. In quel periodo di occupazione tedesca è nata la Resistenza, un movimento formato da antifascisti che volevano liberarsi dall’oppressione nemica e di un regime che aveva portato l’Italia in una guerra disastrosa.

Gli ex partigiani: Luigi Pergoli, Gianfranco Pistola ed Elio Raffaelli ci hanno raccontato le loro esperienze di giovani partigiani e di come ad animarli, a far loro rischiare la vita fosse un ideale: la libertà.

Compivano atti contro i tedeschi e i fascisti, con imboscate, sabotaggi ecc…

Nei loro racconti hanno sottolineato quanto importante sia stato il ruolo della popolazione che aiutava i partigiani come poteva. Alcuni davano loro del cibo o dei vestiti quando non ne avevano a sufficienza neanche per loro, oppure li ospitavano nelle loro case, pur sapendo che se fossero stati scoperti dai fascisti o dai tedeschi sarebbero stati uccisi o imprigionati.

Migliaia e migliaia di partigiani, soldati del disciolto esercito italiano giovani e meno giovani, donne, gente comune, semplici lavoratori hanno combattuto per la libertà dell’Italia e grazie a loro oggi noi possiamo vivere nella democrazia che è la massima forma di libertà.



Robin Anydiegwu

La resistenza non ci fu solo ed esclusivamente in Italia, ma anche in diversi stati i cui popoli, oppressi dall’occupazione tedesca, si opposero valorosamente salvando non solo il territorio ma anche la libertà e la democrazia.

In Jugoslavia ad esempio, con il maresciallo Tito, ci fu una tale resistenza contro gli italiani che li costrinse a richiedere l’aiuto tedesco.

Anche in Italia ci fu un’importante resistenza partigiana che si oppose valorosamente all’occupazione dei tedeschi, i quali prima dell’8 settembre 1943, anno in cui l’Italia firmò un armistizio con gli alleati, erano nostri alleati.

La Germania prevedendo questa resa aveva già disposto i suoi soldati sul territorio italiano.

Pietro Badoglio e Vittorio Emanuele II scapparono a Brindisi con la speranza di essere protetti dagli Anglo-Americani i quali sbarcati in Sicilia avevano cominciato a risalire l’Italia per liberarla dai tedeschi. I tedeschi con la speranza di bloccare l’avanzata degli Anglo-Americani, posero vicino a Montecassino una linea difensiva la quale nel ’44 fu sfondata immediatamente dall’avanzata degli Alleati. Gli alleati dopo aver liberato Roma(4 giugno) ,Firenze(4 Agosto) e tutta la Toscana, si fermarono sulla linea Gotica, in attesa che l0’inverno finisse.

Nel frattempo in Italia si erano formati gruppi di partigiani che si trovavano in prevalenza nell’Italia Settentrionale.

I partigiani organizzavano azioni di guerriglia e di sabotaggi spesso favoriti dall’appoggio della popolazione. La popolazione durante la resistenza italiana, si rese anch’essa protagonista, aiutando i partigiani dando loro generi alimentari, armi ecc….Le staffette erano molto importanti durante la resistenza, perchè portavano messaggi, armi e tutto ciò che poteva essere utile.

Ma cominciarono, da parte dei fascisti e tedeschi rastrellamenti durante i quali le zone ritenute covo dei partigiani, erano perlustrate metro per metro con grande spiegamento di forze. I partigiani catturati venivano torturati e impiccati; i villaggi che li ospitavano venivano, per rappresaglia, dati alle fiamme insieme ai vecchi, donne, e ai bambini. Feroci rappresaglie come queste avvennero a Sant’Andrea di Stazzema in Toscana. A Boves in provincia di Cuneo e a Marzabotto in provincia di Bologna. Rastrellamenti ed eccidi avvennero anche in altre parti d’Italia come ad esempio nelle Fosse Ardeatine, dove furono uccise 335 persone. Poiché la lotta si faceva sempre più dura, i partigiani organizzarono meglio i gruppi dispersi di combattenti, trasformandoli in un vero e proprio esercito della resistenza. Il Corpo dei Volontari per la Libertà(CVL).

Al movimento partigiano si unirono molti soldati provenienti dalla Russia, Jugoslavia, Francia, Inghilterra, Polonia ed addirittura dall’Austria. Tra le forze della Resistenza militavano gruppi partigiani diversi per formazione e obiettivi politici. Questi gruppi di partigiani formarono per molto tempo il CLN cioè in Comitato di Liberazione Nazionale. Tutti questi uomini,donne, ragazzi combattevano per la libertà perchè, come dice Piero Calamandrei la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare. La lotta partigiana unita all’intervento degli alleati ha portato alla liberazione dell’Italia nella primavera del 1945, quando gli alleati sfondarono la line Gotica e dilagarono nella pianura Padana: fu questo il momento scelto per l’insurrezione generale, popolare e partigiana, che divampò nelle città del nord pochi giorni prima che gli alleati vi entrassero.

Il 25 aprile i partigiani liberarono Milano, Torino e Genova. Quattro giorni dopo, i tedeschi trattarono la resa in Italia. Il 27 aprile 1945 Mussolini, catturato mentre cercava di fuggire i Svizzera, venne fucilato dai partigiani su ordine del Comitato di Liberazione Alta Italia. Anche Castelferretti e i dintorni furono oppressi dall’invasione tedesca, ma nonostante ciò le città resistettero eroicamente grazie anche all’aiuto dei polacchi. Il 17 Gennaio 1944 ci fu un grande bombardamento a Chiaravalle durante la festa del patrono. Vicino all’ospedale c’era un accampamento tedesco, e fu per questo motivo che Chiaravalle fu bombardata. Quando l’esercito polacco arrivò a Castelferretti, si fermò a Montedomini nell’attesa che i tedeschi se ne andassero.

I tedeschi finsero la ritirata, e si nascosero nelle case civili; quando i polacchi nono videro più nemmeno un tedesco, scesero il Cassero e giunsero nel cuore nel cuore della città; ma non appena giunsero nel paese, i tedeschi tesero loro un agguato che costò la vita a molti polacchi. Alla fine della guerra, molta era la gente che esultava, che ballava e mangiava, moti andavano in chiesa per ringraziare il Signore. Tanti piangevano, ma non tutti di felicità; alcuni erano trafitti dal dolore a causa dei familiari dispersi o morti durante la guerra. Io fortunatamente come tanti altri ragazzi, non sono nato durante la guerra, bensì molto più tardi. Se adesso noi viviamo una vita libera, il merito lo dobbiamo ai partigiani, che, hanno sacrificato le loro vite per la liberazione del territorio italiano. Io non sono del tutto italiano, perchè pur essendo nato in Italia ho origini nigeriane, ma dopo aver sentito il modo con cui i partigiani hanno difeso il territorio, mi sono sentito più stretto all’Italia.





Lorenzo Giorgini

Dopo l’8 Settembre del 1943 cioè dopo l’armistizio, anche intorno a Castelferretti si sono formati i primi movimenti di resistenza partigiana. I partigiani erano uomini e donne molto valorosi. Quando prima di essere uccisi scrivevano delle lettere, contenenti il loro testamento, alla fine era sempre presente la frase “Viva la Libertà”. Quello che colpisce di più e che la lotta partigiana non è stata una lotta voluta da un governo o da un re, ma è stata una lotta voluta dal popolo perché nessuno a chiesto al popolo di imbracciare le armi e assaltare i tedeschi. La lotta partigiana ha sicuramente contribuito alla liberazione dell’Italia. Di queste rivolte abbiamo ancora oggi le testimonianze dei sopravvissuti, come il ragioniere Gianfranco pistola che combatte nell’esercito di liberazione, e il signor Elio Raffaelli, che allora era giovanissimo,ma pronto a rischiare la sua vita per cercare armi. Anche le donne, come la signora Livia Pergoli, erano molto attive nella resistenza.

Alcune di esse come la signora aiutavano i partigiani andando a prelevare delle bombe o dei fucili dai contadini. La signora Pergoli ha raccontato che lei nascondeva le armi nel calesse e le ricopriva di paglia, oppure aiutava facendo staffette. Infatti le donne, come i ragazzi, riuscivano a passare più facilmente i posti di blocco dei tedeschi. Il ragioniere Pistola, che combatteva anche nell’esercito italiano di liberazione, ha iniziato la sua esperienza di partigiano a Jesi, a fine settembre. Il suo gruppo era di sei persone e per il ruolo che ricopriva lui era sempre in pericolo di morte. I suoi comandanti organizzarono anche un attacco a un treno per liberare altri partigiani ma due di loro sono stati uccisi. Comunque il suo gruppo è riuscito a prendere dei generi alimentari e materiale bellico. Però dopo l’attacco i comandanti li rimandarono a casa. Il signor Pistola è stato anche bastonato e arrestato. Il suo gruppo venne assegnato ad un’armata britannica e fu destinato al fronte di Ravenna e combatterono sino alla liberazione di Venezia. Bisogna anche ricordare l’umanità dei partigiani che quando catturavano un fascista, non lo uccidevano ma di convincerlo a passare dalla loro parte. Tra la popolazione soprattutto i contadini aiutavano i partigiani, nascondendoli dando loro del cibo oppure del materiale bellico. La popolazione civile in quell’epoca ascoltava radio Londra che però era illegale e i tedeschi con degli speciali apparecchi riuscivano ad individuare le frequenze di queste radio, e facevano irruzione nelle case. Di notte la popolazione restava chiusa in casa e chi usciva rischiava di ricevere bastonate perché c’era il coprifuoco per tutti. I tedeschi, quando erano ubriachi di notte assaltavano le case derubando i liquori e portandosi via anche delle donne. Ad aggravare la situazione a Castelferretti e in tutta l’Italia la popolazione soffriva la fame e per fare la spesa ci voleva la tessera annonaria che era una tessera dove erano scritti tutti i dati di una persona: lavoro, figli ecc.. e dove veniva registrato il quantitativo di cibo che si poteva acquistare. Durante le ricognizioni degli aerei “cicogna” la popolazione nascondeva le mucche nelle stalle e colorava di verde le oche affinché i tedeschi non le riconoscessero. Da sottolineare la morte di molte persone per salvare la vita dei partigiani ma anche per la libertà. La lotta partigiana ha liberato l’Italia dal dominio fascista e tutti dobbiamo essere grati sia ai partigiani sia al sacrificio di gran parte della popolazione.



Kevin Appoggietti

Tutto in quegli anni era terribile: partigiani da una parte che volevano la liberazione dell’Italia, i fascisti dall’altra che credevano in un regime dittatoriale e dall’altra ancora i Tedeschi che occupavano il nostro stato.

A Castelferretti si cominciò a parlare della guerra dall’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio e del ritiro a Brindisi del generale Badoglio e il re.

Come ha detto il ragionier Pistola, Presidente dell’ANPI, si combatteva da tutte le età, dai 14 ai 60 anni.

La seconda guerra mondiale aveva cambiato il modo di combattere infatti le armi erano più potenti e perfezionate. Non morivano solo i soldati al fronte, ma anche i civili, vittime di bombardamenti e di rappresaglie perché, come a Castelferretti, aiutavano come potevano i partigiani.

Fascisti, nazisti,alleati e partigiani sparavano uccidendo persone innocenti, che non c’entravano niente e che volevano vivere in pace.

Nella città la cosa più sofferta era la fame, perché la quantità di cibo, decisa da carte annonarie, non era sufficiente anche se veniva stabilito in base ai componenti della famiglia e del lavoro che essi facevano.

Dalle testimonianze della signora Pergoli e del signor Raffaelli abbiamo appreso che in quel tempo molte donne e ragazzi, chiamate staffette, andavano da una parte all’altra della città portando bombe e altro materiale esplosivo per attentati e sabotaggi.

Il popolo ci ha fatto capire con il suo alto numero di morti che è stato partecipe e unito per la liberazione della nazione.

A Castelferretti la solidarietà era spontanea e importante.

Al Museo della Resistenza, la guida ha detto che i Tedeschi contavano molto sulla paura, in effetti minacciavano di morte quelli che aiutavano gli antifascisti e promettevano ricompense a chi faceva catturare partigiani e alleati, ma non penso fossero in tanti a tradire.

Sempre il ragionier Pistola ha parlato di quello che i fascisti facevano se un partigiano veniva catturato, lo bastonavano e lo picchiavano, al contrario i partigiani cercavano di fare il lavaggio del cervello ai fascisti catturati ed erano molto contenti se qualcuno passava dalla loro parte.

Castelferretti era in posizione strategica insieme ad Ancona e Falconara perciò era un luogo bombardato. Come Montedomini che offriva un buon punto di avvistamento dei nemici che attaccavano, ma era anche un rifugio per gli abitanti di Castelferretti che si riunivano nelle grotte. Vicino c’erano ponti, importanti vie di transito, ma soprattutto un deposito di carburante che costituiva un importante centro di riferimento.

Anche Ancona subì molti attacchi per il porto e per gli scambi che questo offriva.

A Castelferretti tutti i partigiani ascoltavano Radio Londra, una stazione radio illegale.

La nostra città viene liberata il 17-18 luglio 1944 dai polacchi.

La Resistenza è stato un fenomeno europeo infatti anche in altri paesi il popolo aveva combattuto contro l’esercito tedesco occupante.

Contro i Nazisti molti stati avevano iniziato una lotta partigiana come la ex-Iugoslavia.

La drammaticità della guerra è tuttora nei pensieri dei più anziani che ricordano questo come un bruttissimo momento per l’Italia.

I morti, che erano in maggioranza padri, si sono sacrificati per i lori figli.

Pietro Calamandrei scrive nel brano “la libertà è come l’aria” che la libertà è così importante che è come l’aria, ce se ne accorge quando ci viene a mancare e conferma che noi dobbiamo renderci conto di ciò che facciamo in ogni momento. Secondo me questo è stato uno dei periodi più cupi della storia italiana e mi auguro che nessuno possa perdere un figlio, un marito, un padre per una guerra.

La violenza infatti non è mai giusta e l’uomo da quando è apparso sulla Terra l’ha usata sempre per risolvere i suoi problemi, ha cambiato solamente le armi che sono diventate più potenti.

Purtroppo i figli non hanno ancora compreso gli errori dei padri e continuano a commetterli.



Mattia Lazzarini

L’otto Settembre del 1943 fra il generale Badoglio e le potenze alleate è stato firmato l’armistizio.

L’esercito italiano si è trovato così ad avere come nemico, proprio quell’esercito tedesco con cui fino ad allora aveva combattuto fianco a fianco. Ma l’altro tedesco aveva già occupato l’Italia perché Hitler avendo già capito le intenzioni di Badoglio aveva fatto scendere delle truppe per occupare il nostro paese. Contemporaneamente gli alleati, ormai dal 9 Luglio del 1943, stavano risalendo l’Italia dopo essere sbarcati in Sicilia. Vittorio Emanuele III e Badoglio, per sfuggire all’esercito nazifascista, si sono rifugiati a Brindisi, che era già stata liberata dagli alleati, lasciando senza direttive sicure l’esercito italiano che si è trovato dalla mattina alla sera tra le fauci del nemico senza essere informato di tutto quello che stava succedendo. Dall’8 Settembre 1943 anche in Italia si sono formati i primi nuclei partigiani composti da giovani che hanno impugnato le armi solo perché volevano andare alla ricerca di nuove avventure, altri invece hanno fatto proprio la scelta politica di opporsi alla dittatura; c’erano anche dei militari che erano riusciti a sottrarsi all’arruolamento nell’esercito nazifascista e poi c’erano tutti coloro che facevano parte dei partiti o associazioni nazifasciste. Il “corpo dei volontari della libertà” era composto da uomini di tutte le età, si poteva trovare il quattordicenne che spesso era incaricato di informare i superiori dei movimenti che i nazifascismi stavano attuando, ma si potevano trovare anche cinquantenni. Tutti erano uniti da un ideale comune: la libertà. Piero Calamandrei con il suo brano sulla libertà, ci ha fatto capire come questa sia semplice, ma indispensabile proprio come l’aria, ma nessuno si renderà mai conto di quanto sia importante se non gli verrà mai tolta. Molti dei nostri partigiani sono stati uccisi, fatti prigionieri e deportati nei campi di concentramento in Germania. Le forze partigiane in Italia erano 365 mila di cui 35 mila donne. Le donne, come ci ha sottolineato la signora Pergoli, hanno giocato, insieme alla popolazione civile, un ruolo importantissimo. Con il loro bell’aspetto riuscivano spesso a oltrepassare i blocchi di posto fascisti e portare messaggi fra i vari nuclei partigiani. I messaggi erano spesso orali ed erano spesso in codice in modo tale che se venivano fermate e torturate non davano informazioni utili al nemico. È obbligo fare un elogio alla popolazione di quel tempo perché senza di loro la lotta partigiana non sarebbe andata avanti. Anche se c’era chi cadeva nei ricatti nazifascismi che davano la possibilità a chiunque denunciasse un imboscato o un piano dei partigiani, di liberare un prigioniero nei campi di concentramento in Germania o di prendere una ricompensa di 1800 lire. Un ruolo importante lo hanno giocato i contadini che sono stati i civili più attivi. Il nostro professor Tonelli per scrivere il suo libro “Quei giorni delle oche verdi”,ha raccolto le testimonianze di alcuni castelfrettesi che hanno vissuto quei tragici anni della storia italiana e ci ha documentato alcuni fatti della guerra vissuti a Castelferretti. Mi ha molto colpito la tessera annonaria e gli allarmi dei bombardamenti. La tessera annonaria, dal mio punto di vista, è una delle cose più contrarie alla libertà. La gente senza quella tessera non poteva comprare gli alimenti e con quella poteva acquistare solo il minimo e indispensabile pero il mantenimento della propria famiglia.

Il professore ci ha detto che Castelferretti non ha mai subito un vero e proprio bombardamento, ma quando scattava l’allarme, molta gente andava a nascondersi nelle grotte di Donninelli che si trovavano nei pressi di Montedomini e penetravano circa 100 metri in profondità, altri invece si costruivano un loro tunnel “privato”; sia le grotte di Donninelli che i tunnel più piccoli avevano più di un’uscita perché se veniva ostruita ce n’erano sempre delle altre dalle quali tentare la fuga. I tempi della guerra erano molto difficili per la popolazione civile che ha subito molte rappresaglie e rastrellamenti e alla fine della guerra, fatti i bilanci dei morti e dei dispersi, i civili si sono dimostrati quelli più colpiti. Un soldato tedesco era visto in vari modi dalla popolazione civile. Alcune volte aveva un comportamento umano e si impietosiva nel vedere tutti quei morti e concedeva la grazia a quei pochi sopravvissuti, altre volte invece, specialmente quando era ubriaco, andava alla ricerca di donne e i suoi atteggiamenti agli occhi del popolo erano tutt’altro che tranquillizzanti. Anche Falconara ha avuto i suoi “eroi”. Il dottor Pergoli, padre della signora Pergoli che abbiamo incontrato, è stato il più importante partigiano di Falconara e agli occhi dei fascisti era il nemico numero uno infatti ha subito anche un attentato nel quale è stato ferito. Errico Baldelli era l’unico uomo di Falconara che possedeva una radio galena con la quale si teneva in contatto con gli alleati due volte al giorno. Castelferretti, come tutti gli altri paesi aveva un presidio tedesco a nord e uno a sud. Il nostro paese nei suoi dintorni erano una zona molto a rischio perché già allora c’erano: l’aeroporto, la stazione che era un importante nodo ferroviario per Roma e Milano, poi in Ancona c’è il porto che ha subito numerosi bombardamenti. Nonostante tutti gli accorgimenti presi dalle truppe nazifasciste, l’ingresso delle truppe alleate, più precisamente polacche, è stato abbastanza rapido e non ha incontrato eccessivi ostacoli. Così nella notte tra il 17 e il 18 Luglio del 1944 Castelferretti è stato liberato. La guerra però ha continuato a causare delle morti perché le armi e le munizioni inesplose sono state sabotate dalla popolazione civile per ricavarci la polvere da sparo. Giorgio Sabini è stato nel 1957 l’ultimo uomo di Castelferretti a morire a causa della guerra, per questo gli è stata dedicata la squadra di pallavolo di Castelferretti. Secondo me questa guerra è stata la più atroce di tutti i tempi. Ma alla fine la sofferenza di quegli anni è stata ripagata, oggi noi possiamo godere di un certo benessere e di una Costituzione molto di questo lo dobbiamo alla lotta partigiana. Evidentemente però quella sciagura non è servita da lezione per le future generazioni, perché ancora oggi si continuano a fare delle guerre.



Federico Fabietti

“W la libertà d’Italia”: questa frase concludeva sempre le lettere dei combattenti in carcere, i quali, prima della loro morte, inviavano una lettera ai loro familiari. Queste parole ci riconducono alla Resistenza, il movimento di opposizione ai nazifascisti nato allo scopo appunto di ridare all’Italia la libertà. La Resistenza è un movimento iniziato dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, firmato con il generale Eisenhower, comandante delle truppe anglo-americane. Fu un’adesione spontanea per molti soldati che non sapevano cosa fare, ma volevano contribuire alla libertà e per tantissimi giovani e meno giovani che, rendendosi conto del momento critico, volevano aiutare quelli che secondo loro combattevano dalla “parte giusta”.

I partigiani erano divisi in due gruppi: i gappisti, cioè quelli di città, e le brigate, cioè quelli di montagna. Il maggiore contributo alla lotta arrivava però dal popolo che si divideva le varie mansioni: chi si univa ai partigiani, chi portava messaggi, in particolare le donne ed i ragazzi, chi sfamava i partigiani, soprattutto i contadini, chi procurava le armi con sabotaggi. Tutti nel loro piccolo erano utili. La figlia del dottor Pergoli ci ha raccontato: “Ero una ragazza di circa vent’anni e quando andavo all’Università sul treno distribuivo volantini, rischiando di essere scoperta e di far arrestare me e tutta la mia famiglia”. Capiamo che le donne erano degli importanti “mezzi di comunicazione” perché riuscivano facilmente a superare i blocchi ed a recapitare messaggi tra più gruppi di lotta. Un contributo importante alla riuscita della liberazione è stato infatti dato dal buon rapporto tra i partigiani ed il popolo che li aiutava in ogni modo. All’inizio cambiavano i vestiti ai soldati dell’esercito che con la divisa addosso erano a rischio di morte; poi mettevano a disposizione le loro case per nasconderli. Inoltre davano loro cibo e permettevano di riunirsi nelle loro case per ascoltare Radio Londra, la radio che dava notizie sulla guerra ed incitava alla resistenza. Non altrettanto buono era il rapporto tra i soldati tedeschi ed il popolo. Essi erano crudeli e, soprattutto quando erano ubriachi, facevano razzie di vino e cercavano di portare via le donne.

Tuttavia in alcuni di loro c’era un po’di umanità come testimonia una donna che dice: “Una sera un soldato era entrato nella mia casa, c’ero io con due mie sorelle. Il soldato ha detto, toccando la testa alla più piccola, che in Germania anche lui aveva una figlia”. Da questa testimonianza capiamo che anche i soldati tedeschi avevano un cuore e soffrivano per la lontananza dai loro familiari. Possiamo dire però che non era buonissimo neanche il rapporto tra popolo e soldati alleati, questo perché quando erano ubriachi anche loro erano pericolosi al pari dei tedeschi.

I nascondigli preferiti dai Castelferrettesi durante i bombardamenti erano le grotte, ma, soprattutto dei tunnel “costruiti” con due vie di fuga. Gli alleati si facevano precedere da bombardamenti e molte persone si rifugiavano nei tunnel o in case matte, che erano fortificazioni basse con mitragliatrici, o sotto dei pagliai. I contadini non nascondevano solo loro stessi, ma anche gli animali. Ad esempio il titolo del libro “Le oche verdi” del professor Luigi Tonelli prende spunto dal colore con il quale i contadini dipingevano le oche per non farle avvistare dagli aerei. In questo periodo la vita era un continuo logorio sia fisico che psichico, perché le persone pensavano alla liberazione ed erano preoccupate per la vita dei loro familiari.

La liberazione di Castelferretti arrivò da Montedomini come ci ha raccontato il professor Tonelli. All’alba del 18 luglio 1944 i carri armati polacchi cominciarono a scendere da Montedomini e contemporaneamente dal ponte di Chiaravalle per chiudere ogni via di fuga ai nazifascisti. Castelferretti era stretta d’assedio tra “Gastone” e la “Madonnina”. Dopo la liberazione la felicità si leggeva soprattutto nei visi indifesi dei bambini che sopra le camionette alleate mangiavano la cioccolata.

I partigiani insieme agli Alleati avevano ridato la libertà, ma loro se la sarebbero goduta per poco. Se adesso ci chiedono cosa ci è rimasto della Resistenza noi dobbiamo dire la pace, la libertà, perché se noi adesso ci troviamo in questa situazione è solo grazie a chi è venuto prima di noi che ha lottato per ottenere queste condizioni. Per noi questa deve essere una vita di “mantenimento”, cioè dobbiamo mantenere la libertà, un bene che possediamo, ma senza rendercene conto. Come riportato dallo storico Galante Garrone “la solidarietà morale è stata la cosa più positiva nella guerra contro gli altri popoli”. Grazie ai partigiani si sono “rifatti” uno Stato e delle leggi ed entrambe le cose sono venute dal popolo.



Giulia Mattei

La seconda guerra mondiale: siamo stati veramente fortunati a non averla vissuta sulla nostra pelle. Dopo aver ascoltato le testimonianze di ex-partigiani che al tempo della guerra erano poco più che bambini, ci siamo veramente resi conto degli orrori, delle sofferenze subite durante l’occupazione nazifascista dal popolo italiano.

C’era la fame, perché il cibo che veniva preso con la tessera annonaria era razionato.

Si teneva presente se c’erano dei bambini, degli anziani e del numero dei membri che componevano una famiglia, ma ciò che veniva dato era comunque poco. Su questa tessera veniva messa una crocetta nell’apposita casella ogni volta che una famiglia si riforniva quotidianamente, settimanalmente o mensilmente. Per il sale, ci si recava alle Saline.

Presa dell’acqua salmastra la si faceva bollire e il sale ricavato veniva utilizzato per salare e per la conservazione della carni, invece si utilizzava il sale comprato per la cottura della pasta.

Chi viveva in campagna aveva dei vantaggi come quello di poter fare il pane in casa, avere gli animali, i salumi e anche il vino. Questi alimenti, per far in modo che non fossero trovati venivano nascosti sugli alberi e il bestiame non veniva messo al pascolo. Le oche venivano dipinte con una vernice verde per non essere individuate dall’alto dagli aerei nemici.

Queste cose le ha fatte anche mia nonna che all’epoca era una bambina. Più di una volta la madre aveva ospitato dei soldati.

Il padre aveva scavato un tunnel sotto terra dietro la loro casa e in caso di pericolo, si nascondevano li.

Vicino alla loro abitazione ad Agugliano, c’era una struttura usata come ospedale e quando arrivavano soldati che perdevano molto sangue da profonde ferite, facevano andare via mia nonna, visto che non erano scene adatte ad una bimba di sei anni.

Mentre mi raccontava tutto questo, nonna stava con la testa china e quando finiva di parlare, mi accorgevo che aveva gli occhi lucidi.

Come racconta il prof Tonelli nel suo libro, anche a Castelferretti c’erano i Tedeschi. Ogni tanto qualcuno di loro si ubriacava, diventando anche più pericoloso quando entravano nelle case a chiedere due cose: donne e vino.

Per informarsi sulle condizioni degli alleati, ascoltavano di nascosto Radio Londra chiusi in casa per non essere scoperti.

Quando l’8 settembre del ’43 la radio annunciò l’armistizio, la gente era felicissima e la chiesa era gremita di fedeli che volevano ringraziare il Signore. Gli anziani, che avevano vissuto la Prima Guerra Mondiale, erano però più seri di prima: sapevano che la guerra non sarebbe finita lì. Infatti di lì in poi, sarebbe stata più dura di prima.

La vera fine della guerra per Castelferretti arrivò tra il 17 e il 18 di luglio, quando gli alleati la liberarono. Una grande folla riempì la piazza e issò la bandiera dell’Italia.

Tutto questo insegna a noi giovani, che presto governeremo il mondo, a non far ripetere episodi simili ed è per questo che devono essere ricordati. La libertà è diritto di ogni uomo e nessuno ne deve essere privato.



Giulia Pulichino

La resistenza è stato un fenomeno europeo. In Italia le bande partigiane si sono formate dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 ed anche la nostra “piccola” Castelferretti ha vissuto in tutta la sua drammaticità la guerra. Anche questa piccola città ha avuto la sua importanza nella storia.

La città era sotto il presidio di un gruppo tedesco e i castelferrettesi si sono impegnati a combattere non il tedesco in sé e per sé, ma il vero nemico della guerra: Hitler.

Qui la guerra ha coinvolto la quasi totalità della popolazione. Ci sono state morti soprattutto al fronte, continui bombardamenti nelle importanti strutture (aeroporto, stazione, porto…) situate nelle nostre vicinanze.

La guerra partigiana è stato un grande moto di popolo nato spontaneamente, per questo è stato molto importante. L’ aiuto del popolo è stato volontario per un solo ideale la democrazia .

La guerra era straziante e disastrosa, ma proprio per questo ha riunito la popolazione.

A Castelferretti oltre ai partigiani,che sono stati di grande aiuto per l’ avanzata degli Alleati, anche il popolo ha dato un grande contributo e in quei momenti si sono riscoperti i veri valori: libertà, solidarietà e unione.

C’è un racconto che mi ha colpito molto, che testimonia appunto la solidarietà e l’unione, narrato dal Prof. Tonelli : “ Molto spesso ci si riuniva nella casa di una famiglia per mangiare le provviste rimaste dopo una perquisizione dei tedeschi. Stando tutti in una casa la regola era di non lasciare assolutamente niente per il giorno dopo, così tutti si aiutavano a vicenda per finire e chi poteva nascondeva il cibo rimasto che comunque condivideva nei giorni seguenti”. Questa drammatica guerra ha purtroppo messo gli uni contro gli altri anche i castelferrettesi , padri contro figli e questo è stato forse l’aspetto più crudele in assoluto.

I partigiani si rifornivano di armi rubandole ai tedeschi, ma il cibo i vestiti e le stesse armi venivano loro date anche dalla popolazione, soprattutto contadini, fra contadini e partigiani c’era infatti una certa complicità. Rischiavano molto per aiutare e difendere i partigiani. La popolazione era coinvolta proprio tutta, infatti si usavano donne e bambini che riuscivano più facilmente a passare senza destare sospetti. C’è un altro ricordo, di un partigiano anziano, che mi ha colpito perché nel fatto raccontato ha dimostrato coraggio e allo stesso tempo sentimento “ Stavano assalendo un treno per liberare persone destinate alla deportazione quando ad un tratto sono morti davanti agli occhi due miei cari compagni”. I partigiani hanno fatto una scelta di sacrificio, hanno lasciato quello che per loro era più caro, non solo per un ideale, ma anche per ridare libertà alla propria nazione, per ridare la pace.

Non importava la loro idea politica, erano tutti uniti nel nome della libertà, frase con cui concludevano quasi tutte le loro lettere di addio alle famiglie, firma del condannato a morte era w la libertà.

Alla fine la libertà è arrivata grazie anche all’ esercito polacco che nel 17- 18 luglio del 1944 ha cacciato i tedeschi da Castelferretti. Ancora oggi ci sono testimonianze di persone che hanno vissuto la resistenza sulla propria pelle e li ho visti commossi, ma fieri di raccontarci questi fatti. Cito alcuni di loro: il sig. Pistola, la sig. Pergoli e il sig. Raffaelli che allora erano molto giovani, ma contribuirono ugualmente alla liberazione. Molti sono morti con onore, e credo che sia importante ricordarli per far sì che non accada più. Come ho già detto, loro hanno lottato per la libertà che “è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare” come scrive Piero Calamandrei. Infine i valori di libertà, unione, solidarietà, sono tornati vivi anche a Castelferretti una città piccola, ma anche lei importante. Spero che anche in futuro ci si ricordi sempre di chi, tra i partigiani, i civili, i soldati hanno sacrificato la loro vita per regalarci il valore più importante la libertà.



Ilaria Carlini

Gli anni della guerra sono stati anni molto duri per tutta la popolazione europea coinvolta nel conflitto. Molti sono stati i soldati morti, ma ancor più i civili.

Gli unici ad essere contenti inizialmente erano i ragazzi e i giovani che, quando era stata annunciata alla radio l’entrata in guerra dell’Italia, l’accolsero con entusiasmo perché la propaganda fascista li aveva preparati fin da piccoli ad usare le armi.

Al contrario le persone più anziane, che avevano vissuto l’esperienza della prima guerra mondiale sapevano che un’altra guerra avrebbe portato solo fame, dolore e povertà.

Infatti in quei tempi tutta la popolazione soffriva la fame e, dai racconti delle persone che quel periodo l’hanno vissuto, abbiamo saputo che il cibo era molto poco e razionato.

Ogni famiglia aveva una tessera dove era indicata la quantità di pane, sale, latte… che spettava a ogni famiglia.

Per esempio il sale veniva utilizzato solamente per condire la verdura e le carni, mentre per cuocere la pasta veniva utilizzata l’acqua del mare.

Quando si andava a comprare il sale o lo zucchero, bisognava portarsi la carta da casa, perché costava più del sale.

Chi abitava in campagna aveva molti vantaggi, perché poteva prepararsi il pane in casa e aveva gli animali.

Per non far trovare il cibo ai tedeschi che compivano continue razzie, questo veniva nascosto ovunque tra i rami degli alberi, sotto le fascine…

Quando la fame era tanta, le tentazioni erano molte, come ci ha raccontato il professor Tonelli nel suo libro.

Una ragazza aveva un’ amica che, abitando in campagna, portava a scuola il pane fatto in casa, che diffondeva nell’aula un buonissimo odore.

Un giorno la ragazza non è riuscita a resistere e ha chiesto alla sua compagna di portarle una fetta di pane bianco per il fratellino piccolo, in cambio di una cinta fatta con le carte delle caramelle.

Il giorno dopo la sua amica le ha portato la fetta di pane e lei, sentendo il buon profumo, non riuscendo a resistere alla tentazione, pezzo dopo pezzo lo ha mangiato tutto, dimenticando il fratellino.

Dopo l’8 settembre, si cominciarono a formare i primi nuclei partigiani.

Questi gruppi erano formati soprattutto da antifascisti che volevano proteggersi dai tedeschi.

La maggior parte di questi partigiani era molto giovane, quindi non aveva idee politiche, ma un’ideale per cui combattere, la libertà.

I partigiani nella loro azione mettevano quotidianamente a rischio la loro vita.

La popolazione civile li aiutava in modo molto generoso, soprattutto i contadini che li ospitavano e davano loro del cibo mettendo in pericolo anche la loro vita, perchè, se solo sospettati di aiutare antifascisti venivano malmenati, arrestati o addirittura deportati e uccisi.

Per i rifornimenti ci pensavano gli alleati, ma anche loro non offrivano molti aiuti, perciò dovevano arrangiarsi con quello che avevano.

Per comunicare tra di loro c’erano le staffette, che spesso erano donne che portavano cibo ed armi.

Tra i tedeschi e la popolazione c’era un rapporto di terrore perchè quando i tedeschi erano ubriachi andavano per le case in cerca di vino e di donne.

Dalle testimonianze abbiamo però saputo che a volte i tedeschi erano persone “umane” per esempio quando un tedesco entrò in una casa e trovò una ragazza con la sorellina, l’accarezzò dicendo che anche lui aveva una bambina come lei, era chiaro che in quel momento provava tanta nostalgia per la sua famiglia.

Questa è una delle tante testimonianze contenute nel libro del professor Tonelli.

Al contrario altre volte i tedeschi andavano nelle case e rubavano tutto ciò che poteva servire.

Quando i tedeschi o i fascisti catturavano i partigiani, infliggevano loro ogni tipo di violenza fisica e psicologica. Armi molto usate erano l’olio di ricino ed il manganello, mentre quando i partigiani catturavano i fascisti cercavano di far loro “il lavaggio del cervello” e se ci riuscivano questi entravano a far parte del loro gruppo.

Spero che la guerra non succeda mai più, perchè coloro che hanno combattuto per la libertà hanno vinto e sarebbe un peccato rendere inutile la loro vittoria. E’ grazie a loro che oggi viviamo in un paese libero.

Ma se commettessimo gli stessi errori di alcuni dei nostri nonni e bisnonni in passato, significa che quello che ci hanno raccontato loro che hanno combattuto per la libertà non ci è servito a capire nulla.

venerdì 1 aprile 2011

PREMIO NAZIONALE DI POESIA e NARRATIVA

«POESIA ONESTA»
6ª edizione – 2011
patrocinio e contributo di Consiglio regionale delle Marche , Provincia di Ancona , Comune di Ancona (Assessorato Cultura), Comune di Camerata Picena
patrocinio
Comune di Agugliano - Comune di Chiaravalle
In collaborazione con Associazione Musicale «Vincent Persichetti» - Falconara M.ma (AN)
«Ai poeti resta da fare la poesia onesta»
(Umberto Saba)

Il Premio si articola in 5 sezioni
Sez. A – Raccolta di 5 poesie in italiano.
Sez. B - Raccolta di 5 poesie nei dialetti italiani. I testi devono avere la traduzione in italiano.
Sez. C – Poesia singola in italiano degli Studenti marchigiani di Scuola primaria e Scuola secondaria di primo grado.
Sez. D – Poesia singola in uno dei dialetti marchigiani degli studenti di Sc. prim. e Sc. second. primo grado.
Sez. E – 1 racconto breve in italiano e/o nei vari dialetti italiani.
REGOLAMENTO
Sezioni A e B: le raccolte, con titolo, devono pervenire in due copie dattiloscritte, di cui solo una recante nome, cognome, indirizzo, telefono e/o cellulare, e-mail.
Gli autori della Sez. B devono dichiarare la località in cui il dialetto si parla.
Sezione E: i narratori invìino i loro racconti in due copie dattiloscritte, di cui solo una con nome, cognome, telefono e/o cellulare, e-mail.
Sezioni C e D: le poesie singole devono pervenire in duplice copia, di cui una soltanto recante generalità dello studente, indirizzo, recapito telefonico e mail. Gli studenti devono specificare il grado di scuola frequentato e il nome dell’Istituto scolastico.
* Provvederà la Segreteria a produrre le copie anonime per la Giurìa esaminatrice.

INVIO OPERE
Gli elaborati vanno spediti entro il 10 luglio 2011
per posta a: VERSANTE Associazione Culturale
POESIA ONESTA Via Molino, 15 - 60020 Agugliano (AN)
o per e.mail: associazioneversante@gmail.com
I testi inviati via mail devono contenere nome e cognome, indirizzo, recapito telefonico. Sarà cura della Segreteria procurare copie anonime per la Giurìa.

* I poeti delle sezioni A e B devono far pervenire € 10,00 se partecipano ad una sezione, € 15,00 se partecipano ad entrambe. La quota va inviata unitamente alle opere o con versamento sul conto corrente postale 8358993 intestato a VERSANTE Associazione culturale – Premio POESIA ONESTA.

I narratori della Sez. E devono far pervenire € 10,00 per il racconto inviato.
La partecipazione degli studenti è gratuita.

* I dati personali saranno trattati nel rispetto del codice sulla privacy, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs n. 196/2003.

PREMI
Sezioni A e B
I primi classificati della sezione A e della sezione B riceveranno € 300,00 cadauno.
I primi quattro classificati delle Sez. A e B avranno pubblicate le loro raccolte e riceveranno ognuno n. 10 copie del volume Poeti in italiano e in dialetto.
Verranno inseriti anche singoli testi che la Giurìa riterrà meritevoli di pubblicazione.
Una sezione speciale premierà la migliore silloge marchigiana, nel caso in cui non risultasse tra i vincitori alcun autore delle Marche.
Sezione E
I primi tre racconti classificati sia in lingua che nei vari dialetti italiani verranno pubblicati nell’antologia e gli autori riceveranno ognuno 7 volumi omaggio.
Sezioni C e D
I primi tre classificati per ogni grado di scuola, avranno pubblicate le loro poesie e riceveranno ognuno 3 copie del volume Poeti in italiano e in dialetto, che raccoglie anche le poesie segnalate dalla Giurìa.
* I testi inviati non saranno restituiti. I partecipanti cedono, a titolo gratuito, i diritti dei testi pubblicati nel volume.
Cerimonia di premiazione. È prevista in Ancona dal 01/10/2011 al 09/10/2011

GIURIA del PREMIO
Sanzio Balducci (Univ. “Carlo Bo” di Urbino) - Liliana Biondi (Università dell’Aquila)
Fabio Ciceroni (saggista e critico letterario) - Giuseppe Polimeni (Università Pavia)
Marzio Porro (Università Statale, Milano) - Marcello Verdenelli (Università Macerata)
* Per ulteriori informazioni rivolgersi al 335-8193657
FABIO M. SERPILLI
(Presidente Associazione culturale VERSANTE)