1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO

1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO
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1866 Il Combattimento di Londrone

ORDINE MILITARE D'ITALIA

ORDINE MILITARE D'ITALIA
CAVALIERE DI GRAN CROCE

Collana Storia in Laboratorio

Il piano editoriale per il 1917 è pubblicato con post in data 12 novembre 2016

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.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014

.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014
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Il testo completo del Progetto Storia in Laboratorio è riportato su questo blog alla data del 10 gennaio 2009.

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La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011

La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011
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domenica 17 gennaio 2010

Capitolo 11
Paolino Orlandini "................... e si scatenò la seconda guerra mondiale

ANNO 1942: ANNO CRUCIALE

In tanti abbiamo scritto: l’anno dell’inizio della fine. Ed è vero. Ed è vera la riscossa che partirà dalla seconda metà dell’anno, in autunno.
Nell’Africa settentrionale l’urto propulsivo delle armate italo-tedesche si infrangevano ad El Alamein. La strada per Alessandria è preclusa. I combattimenti contro l’8^ Armata britannica si esaurivano tra i mesi di settembre e novembre 1942. Dopo di che iniziò la ritirata che non si arrestò al confine fra l’Egitto e la Libia, ma proseguì ben oltre, attraverso tutta la Libia, fino alla Tunisia dove oltre 250.000 uomini si arresero agli Alleati, i quali avevano bloccato le truppe dell’Asse in quelle zone desertiche con le truppe della 7^ Armata USA sbarcata con l’operazione “Torch”, l’8 novembre 1942 in Marocco ed Algeria e dalle truppe della Francia Libera. Sulla resa delle truppe dell’Asse, il bollettino di guerra n. 1083 del 13 maggio 1943, reca, tra l’altro, la seguente dicitura: “ ….Sono state annientate la Prima Armata Italiana, la Quinta Armata Germanica, l’Afrika Korps, nonché le divisioni italiane Superga, Giovani Fascisti, Pistoia, La Spezia, Trieste e Centauro.”
Sul fronte dell’Europa occidentale, nulla da segnalare, direbbe un bollettino di guerra. Ma è su quello orientale che l’Armata Rossa ritira le sue truppe oltre i fiumi Don e Volga, per riorganizzarsi ed iniziare la battaglia per liberare Stalingrado, fulcro vitale dello schieramento nazista.
Da nord e da sud della città i sovietici crearono teste di ponte dalle quali fare passare le proprie truppe che andranno a ricongiungersi alle spalle dei tedeschi, i quali tentarono di forzare il blocco aiutati anche dalle armate a loro più vicine in quel momento. La IV^ e la VI^ Armata tedesca sono ormai chiuse in una sacca.
Il gen. Friedrich von Paulus, comandante della VI^ Armata chiusa a Stalingrado, invia ad Hitler il seguente radiogramma:

“ 23 dicembre 1942
Segretissimo
Radiogramma all’OKH
Per conoscenza al gruppo di Armata “B”
Mio Führer! Dal momento dell’arrivo del vostro radiogramma, trasmesso alla sera del 22 novembre, gli avvenimenti si sono sviluppati precipitosamente. Il nemico non è riuscito a chiudere la sacca a sud-ovest e a ovest. Qui si vanno delineando infiltrazioni nemiche. Le munizioni ed il combustibile stanno per finire. Molte batterie e pezzi anticarro sono rimasti senza proiettili. Un sufficiente rifornimento tempestivo è irrealizzabile.
L’armata corre il pericolo di venire annientata al più presto, se non riuscirà, concentrando tutte le forze, ad annientare il nemico che avanza da sud e da ovest. Ciò richiede un’immediata ritirata di tutte le divisioni da Stalingrado e di grosse forze dal settore settentrionale del fronte. Una conseguenza inevitabile dovrà poi essere lo sfondamento verso sud-ovest, poiché, data la debolezza delle forze, non sarà possibile mantenere il settore orientale e quello settentrionale del fronte.
Noi perderemo grandi quantità di macchine e materiali, ma ci rimarranno la maggior parte dei soldati, che sono preziosi, e una parte degli armamenti.
Pur accettando pienamente la responsabilità di questo gravissimo rapporto, comunico che la situazione viene giudicata allo stesso modo dai comandanti dei corpi di armata generali Heitz, Strecker, Hube e Jenneke.
Data la situazione creatasi, chiedo di nuovo libertà di azione.
Heil, mein Führer !

Von Paulus

A questo drammatico appello, Hitler risponde:

“Al Comandante della VI^ Armata.
La VI^ Armata è temporaneamente circondata da truppe russe. Intendo concentrare l’armata nella zona di Stalingrado nord – Kaluban – quota 137 - quota 35 – Marinovka – Tsybenko – Stalingrado sud. L’Armata può essere certa che io farò ogni cosa per rifornirla adeguatamente e per sbloccarla tempestivamente. Conosco la valorosa VI^ Armata e il suo comandante e sono certo che essa farà il suo dovere”.
Adolf Hitler

Scatta l’operazione “Anello”, la VI^ Armata tedesca viene spezzata in due tronconi nella notte del 28 gennaio 1943. Intanto al gen. von Paulus gli venne promesso l’intervento delle truppe del feldmaresciallo Manstein, le quali non arriveranno mai, anche se Hitler comandò von Paulus di resistere, perché, dichiarò lui stesso: “Ci era stato ripetuto l’ordine di continuare la resistenza e di contare sull’arrivo a Stalingrado del Gruppo di Manstein.”
Il 31 gennaio il gen. von Paulus venne catturato dalle truppe sovietiche assieme al gen. Schmidt e consegnato allo stato maggiore della LXIV^ armata e più tardi, dal col. Lukin, furono accompagnati presso lo Stato Maggiore del fronte del Don.

Il 21 febbraio 1943, Re Giorgio di Gran Bretagna inviò il seguente telegramma al Presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS, Kalinin.

Oggi io e i miei popoli ci uniamo ai popoli dell’Unione Sovietica nel rendere sinceramente merito alle eroiche qualità e alla meravigliosa direzione, grazie alle quali l’Esercito Rosso, nella sua lotta contro i nostri comuni nemici, ha scritto con le sue gloriose vittorie nuove pagine di storia. La tenace resistenza di Stalingrado ha mutato gli avvenimenti ed è stata premonitrice dei colpi annientatori che hanno seminato lo smarrimento fra i nemici della civiltà e della libertà. Per rilevare la profonda ammirazione, provata da me e dai popoli dell’impero britannico, ho dato ordine di preparare una spada onorifica, che avrò l’onore di consegnare alla città di Stalingrado. Io spero che nei felici giorni avvenire questo dono ricordi il coraggio indomabile con il quale la città combattente si è temprata nella lotta contro i forti e tenaci attacchi nemici, e che esso rappresenterà il simbolo dell’amministrazione non solo dei popoli dell’impero britannico, ma di tutto il mondo civile”.
Londra, 21 febbraio 1943 Giorgio VI°
(Ciò è estratto da “Politica estera dell’Unione Sovietica durante la guerra patriottica”, tomo I°, pag. 486).

Più tardi, il 17 maggio 1944, il presidente degli Stati Uniti d’America, Franklin Delano Roosevelt consegnerà alla città di Stalingrado un diploma d’onore con il seguente messaggio: “17 maggio 1944. A nome del popolo degli Stati Uniti d’America consegno questo diploma alla città di Stalingrado per esprimere la nostra ammirazione nei confronti dei suoi valorosi difensori: il loro coraggio, la loro forza di spirito e la loro dedizione, durante l’assedio protrattosi dal 13 settembre 1942 al 31 gennaio 1943, ispireranno eternamente i cuori di tutti gli uomini liberi. La loro vittoria gloriosa ha arrestato l’onda dell’invasione ed ha rappresentato una svolta nella guerra delle nazioni alleate contro le forze dell’aggressione”.

L’anno 1943, quindi, si apre con la liberazione di Stalingrado e con l’inseguimento da parte delle truppe britanniche degli italo-tedeschi sul territorio libico. La resa della forza dell’Asse avverrà il 13 maggio 1943 dopo l’ultima grande battaglia di Enfidaville (Tunisia) alla quale parteciperanno anche le truppe americane della 7^ armata e quelle golliste della Francia Libera.

Ora inizia l’attacco all’Italia. Con l’operazione Husky, del 10 giugno 1943, gli alleati sbarcheranno a Pantelleria e nelle isole Pelagie. Mentre in Sicilia l’8^ armata britannica del maresciallo Montgomery sbarca a Siracusa e a Capo Passero; la 7^ armata USA del gen. Patton sbarca tra Pozzalla e Licata.
Le 3.266 navi da guerra e mercantili, inglesi, americane, canadesi, olandesi, greche, polacche e indiane sbarcarono 160.000 uomini, 14.000 autoveicoli, 600 carri armati e 1.800 cannoni. Una grande massa di uomini e mezzi per attaccare il continente europeo.
Nel frattempo in Italia cade il governo Mussolini e il maresciallo Badoglio viene chiamato a sostituirlo: è l’8 settembre 1943, la disfatta e la disintegrazione dell’esercito italiano.
Sul fronte orientale l’esercito sovietico riprende Rostov e si prepara per le battaglie future contemplate nella prossima controffensiva invernale. A nord, Mosca non è ormai più minacciata, per cui si combatte per liberare Kharkov.

Il feldmaresciallo von Manstein tenta il tutto per tutto e contrattacca, ma a Kursk verrà bloccato, dopo aver rioccupato per poco tempo Kharkov, era il 4 luglio 1943: l’operazione “Cittadella”.
I sovietici avevano invece occupato il saliente di Kursk. Sembrava un suicidio. I tedeschi impiegarono circa 50 divisioni e godeva anche di superiorità aerea. Gettarono nella mischia circa 2.700 carri armati di tutti i tipi, fino ai carri d’assalto e artiglieria semoventi. Tutto sembrava favorire l’esercito nazista. I tedeschi in quel frangente erano soli, nel senso che non si portavano dietro eserciti più deboli come ungheresi e italiani.
Da una memoria del ten. Cristoforo Moscioni Negri di Pesaro, appunto sulla battaglia, prenderò alcuni passaggi, più significativi. Eccoli.
“I due eserciti sono schierati sul campo, il più debole sarà inchiodato e distrutto. Alla fine della giornata del 4 luglio le forze di von Manstein, a sud, raggiungono tutti gli obiettivi…. La mattina del 5, attacca con i “Golia”, piccoli carri telecomandati carichi di esplosivo che vengono inviati verso le postazioni sovietiche, la prima linea viene sfondata, e alcuni villaggi occupati… Si accende una mischia furiosa, un quasi corpo a corpo in cui la superiorità dei cannoni tedeschi e la maggior precisione non servono più… Quando vengono lanciati nella mischia i mostruosi “Elefant”, allora i soldati russi escono dalle buche e li fanno saltare deponendo cariche di esplosivo con le mani. Dall’alto appaiono i “Sturmovich” (Iliushin I° – 1 – 2 m3 armati con due cannoni anticarro da 37, due mitragliatrici da 7,62 e una da 12,72; portano inoltre sotto le ali razzi, lanciagranate e mine anticarro oltre che vari tipi di spezzoni- n.d.a), aerei anticarro molto lenti ma efficaci anche se pagarono per la loro lentezza un grosso contributo alla caccia tedesca… Gli attaccanti si impigliano sempre più nel sistema difensivo sovietico… Alla fine anche le forze corrazzate tedesche si scontrano con i carri e distruttori di carri sovietici… La battaglia perde il suo slancio e si lega al terreno…. Ma mentre i tedeschi sono ormai impegnati fino all’ultimo uomo, già avanzano da est le fresche riserve del generale Konev, dirigendosi sui luoghi dove sono impegnate le divisioni corazzate nemiche. Infine, con immensa sorpresa dello stato maggiore tedesco, i russi attaccano a loro volta a nord e a sud di Kursk, avvolgendo con una ampia manovra tutto il settore della battaglia. I tedeschi si ritirano. Orel e Kharkov, i due grandi centri usati da loro come basi per l’offensiva, sono ripresi dai russi entro la fine di agosto, l’intero fronte è in disfacimento. Il saliente di Kursk, invece di essere il luogo dove i russi, spintisi presuntuosamente in avanti dovevano essere massacrati e disfatti, è stato prima un’esca, poi una trappola per i tedeschi che hanno attaccato bruciando le preziose riserve… Con questa battaglia, che rimane nella storia –scrive il ten. Cristoforo Moscioni Negri – come il più grande scontro di mezzi corazzati della seconda guerra mondiale, iniziò una ritirata che si concluderà soltanto a Berlino ….”
Dall’agosto al settembre 1943 le operazioni continuarono in Ucraina, oltre la riva sinistra del Dnjepr, liberando centinaia di paesi e città.
Inizia la battaglia per Leningrado, la “città martire” che sarà liberata il 27 gennaio 1944, con una coreografia di fuochi artificiali mai più vista nella storia dell’URSS.
E allora ecco subito pronto il diploma del presidente americano Franklin Delano Roosevelt alla comunità locale, in data 17 maggio 1944.
“A nome del popolo degli Stati Uniti d’America consegno questo diploma a Leningrado, a ricordo dei suoi valorosi combattenti e dei suoi uomini fedeli, donne e ragazzi che, isolati dal nemico dal resto del loro popolo, nonostante continui bombardamenti e indicibili sofferenze, provate dal freddo, dalla fame e dalle malattie, hanno vittoriosamente difeso la loro amata città, nel critico periodo che va dal 8 settembre 1941 al 18 gennaio 1943, simboleggiando così l’intrepido spirito dei popoli delle Repubbliche Socialiste dell’Unione Sovietica e di tutti i popoli del mondo che si oppongono alle forze dell’aggressione”.
Franklin Delano Roosevelt


Nel teatro operativo europeo fin dall’inizio del 1944 ha luogo in Italia l’operazione “Shingle”. Il VI° Corpo d’Armata USA sbarca circa 36.000 uomini e 3.100 veicoli, sulla spiaggia di Anzio-Nettuno. Ma non farà progressi facendo dire a Churchill, con un certo sarcasmo: “Doveva sbarcare un gatto selvaggio, invece fu una balena arenata”. Il gen. Lucas, capo della spedizione, obbediva al suo superiore, gen. Clark (comandante della V^ Armata USA), il quale gli aveva detto: “Prudenza, Roma non è l’obiettivo principale. Ricordati di Salerno”.
Questa frase: ricordati di Salerno, ce la spiega Leddel Hart, a pag. 668 del suo libro “Storia militare nella II^ guerra mondiale” - Arnoldo Mondadori Editore – Milano: “La 5^ Armata, dallo sbarco a Salerno fino all’offensiva contro la stretta di Mignano, perse in combattimento 40.000 uomini e altri 50.000 per malattia”.
L’11 maggio 1944 parte l’attacco alleato alla linea “Gustav” per cui verrà investito l’intero Gruppo di armate “C” tedesco comandato dal maresciallo dell’aria Albert Kesserling. Venne superata Cassino fino al congiungimento con le truppe sbarcate ad Anzio e dopo gli aspri combattimenti nell’area di Valmontone e Velletri, le truppe americane entrano in Roma il 4 giugno, mentre lungo l’Adriatico la VIII^ Armata britannica avanza giungendo in prossimità delle Marche, libererà Ancona ed il suo porto e si bloccherà sulla linea “Gotica” agli inizi di settembre.

Nella Francia settentrionale avveniva l’operazione “Overlord” esattamente il 6 giugno ove sbarcarono armate alleate (americani, inglesi, canadesi, ecc.) trasportate dalla più grande massa di navi da guerra e da trasporto, oltre 5.000, messe insieme fino ad ora. Era finalmente la creazione del II° fronte dopo tanti rinvii. Più tardi, il 15 agosto 1944, avverrà lo sbarco nella Francia meridionale, con l’operazione “Dragoon”, di forze americane e francesi provenienti dall’Africa settentrionale. Tra le forze della Francia Libera, ci saranno anche quelle divisioni che De Gaulle aveva bloccato nell’Africa Equatoriale e che successivamente furono trasferite in Algeria attraverso un percorso di oltre 2.000 Km. in pieno deserto sahariano guidate dal gen. Leclerc de Hautecloque.
Per intanto sul fronte orientale tra i mesi di maggio e giugno 1944 si sviluppa un’offensiva che porterà le truppe sovietiche a liberare la Bielorussia e la parte orientale della Polonia. Ma prima di narrare l’avanzata in Ucraina, dobbiamo dedicarci a Churchill, intento a prevenire l’avanzata delle truppe sovietiche verso il centro Europa, soprattutto l’Austria.

Sulla linea “Gotica” (in realtà una serie di minori linee dai nomi diversi, Gialla, Verde 1^, Verde 2^, Rossa, Gensis-Kan, Hitler, ecc., che dal mare Adriatico raggiungeva il Tirreno; dalla valle del fiume Foglia nel pesarese, alle Alpi Apuane) si svolsero tanti combattimenti fino a dicembre, allorchè le truppe alleate si attestarono sulla linea del fiume Senio, a nord di Ravenna ed a sud delle valli di Comacchio.
Churchill era in apprensione per come si stavano sviluppando le cose sul fronte orientale e della celerità con cui avanzavano le truppe sovietiche. Prima ancora che si approssimassero ai confini jugoslavi Churchill cercava in ogni modo di bloccarla o ritardarla.
Si trasferì in Italia presso il Comando dell’8^ Armata britannica del gen. Leese (Montgomery era già stato trasferito in Inghilterra per preparare le sue truppe allo sbarco in Francia) cercando di convincere gli ufficiali britannici della necessità di giungere a Vienna prima dei russi. Quindi ordinò l’offensiva per abbattere la linea Gotica. Difatti questa iniziò il 30 agosto al grido: “A Vienna! A Vienna!” Ma il 3 settembre si era esaurita di fronte alla resistenza tedesca.
Churchill aveva scritto il 31 agosto: “Io spero di infrangere la linea Gotica e di irrompere nella Pianura Padana e avanzare fino a Vienna attraverso Trieste e il varco di Lubiana. Anche se la guerra finirà prima, ho detto ad Alexander di tenersi pronto per una puntata veloce con mezzi corazzati”.
L’attacco alla “Gotica” si affievolì anche per colpa del maltempo che aveva ingrossato i fiumi, soprattutto l’Arno, in Toscana. L’operazione, comunque si concludeva con la liberazione di Rimini, conquistando così, la porta per la Pianura Padana.
“Quarantacinquemila morti per pochi chilometri di terreno”, scriverà il Corriere della Sera il 25 settembre 1944. E Ugo Ughi, ex commissario prefettizio di Rimini, scriverà su “La sera” del 23 dicembre 1944 “nulla è rimasto della bella città polverizzata da 148 selvaggi bombardamenti aerei”.
Dopo questa offensiva si svilupperà la battaglia dei fiumi che si protrarrà fino al 5 gennaio 1945 sulla linea del Senio, come già accennato.
“Dovremo continuare la battaglia con venti divisioni, che hanno quasi tutte sopportato lunghi periodi di duri combattimenti … Contro di noi sono schierate venti divisioni tedesche … Stiamo infliggendo al nemico gravi perdite facendo lenti ma sicuri progressi, ma anche le nostre perdite sono dure e combattiamo in un paese dove, per effettuare con successo operazioni offensive è necessaria una superiorità numerica di almeno 3 a 1 …”
Così scrisse il gen. Alexander al maresciallo Lord Alanbrooke (Sir Alan Brooke) Capo di Stato Maggiore Imperiale, rimproverato per la lentezza con cui si svolgevano le operazioni militari lamentata da Churchill.
A Yalta, il 4 febbraio 1945 ebbe luogo un altro incontro fra i “grandi” e Stalin propose a Churchill (probabilmente con molta ironia, n.d.a.): “Ormai non è più possibile che i tedeschi pensino di attaccarci. Non si potrebbero lasciare alcune divisioni in Italia e trasferire le altre in Jugoslavia ed Ungheria per dirigerle verso Vienna? Qui esse si congiungerebbero con l’Armata Rossa aggirando i tedeschi a sud delle Alpi”.
Osserva Churchill: “Non gli costava niente dire questo, adesso. Ma io non feci alcun commento, dissi solo: l’Armata Rossa potrebbe non darci il tempo di completare l’operazione”. (Churchill dal suo libro: “Trionfo e tragedia”).
Prima di riprendere il fronte orientale, diamo un’occhiata al fronte balcanico. Infatti, mentre si stava concludendo l’offensiva sulla “Gotica” scoppia la crisi greca, il cui governo rifugiato a Londra minacciò il ritiro della 3^ Brigata di montagna che aveva contribuito alla conquista di Rimini.
In Grecia era accaduto che Churchill, con la sua ossessione anticomunista, si era messo contro i partigiani dell’ELAS del gen. Sarafis, perché comunisti. Per lui erano una minaccia alla sua politica nei Balcani anche perché a Londra risiedeva il re Paolo I° di Grecia e il governo legittimo di Papandreu, i quali pressavano per liberare la Grecia dai nazi-fascisti, ma non per farla cadere in mano comunista.
Churchill scrisse subito al gen. Ronald Scobic: “In caso di emergenza non esitate ad agire ad Atene come se foste in una città conquistata quando si verifica una rivolta locale… Dovete tenere Atene, se è possibile senza spargere sangue, ma se non è possibile…”
Apriti cielo! La stampa americana insorse per protestare contro la politica antidemocratica di Churchill. Il nuovo Segretario di Stato, Edward Reilly Stettinins, ne parla con Roosevelt, il quale si infuria contro Churchill colpevole di avere mandato le sue truppe contro i guerriglieri comunisti.
Nelle memorie del figlio del Presidente degli Stati Uniti, Elliot, si legge a tale proposito, che alla Casa Bianca trova il padre che urla: “Come osano gli inglesi combattere contro i guerriglieri che hanno sfidato i nazisti per quattro anni! Uccidere i guerriglieri con soldati inglesi!
E magari con le armi prestate da noi” – aggiunge Elliot.
L’ammiraglio americano King, senza ascoltare nessuno, ordina che la flotta USA non collabori più con quella inglese nelle operazioni di sbarco.
Churchill accusò la stampa americana. Mentre Harry Lloyd Hop King, amministratore dei fondi per la legge “Lend lease” (Affitti e prestiti) intervenne per placare gli animi. Ma il premier britannico non demorde. Ordina ai suoi generali di sbarcare truppe in Albania per avanzare verso nord, verso l’Austria.
Ma al confine con il Montenegro tutto si arenò. Dall’altra parte c’era Tito con i suoi partigiani amici di Churchill, ma prima slavi e da oriente avanzavano i russi.

Ed è in oriente che le cose si stavano mettendo sempre peggio per i tedeschi. Dopo essere cacciati dalla Bielorussia e costretti in territorio della Polonia orientale, il 1° Fronte Ukraino produsse una singolare offensiva. I sovietici riuscirono a far passare due intere armate corazzate per lo stretto “corridoio di Koltovskoje, distruggere otto divisioni tedesche nella “conca di Brody” liberando l’intera Ukraina; superare la Vistola e conquistare Sandomir.
Sul fronte meridionale, sfruttando l’insurrezione antinazista di Bucarest, le truppe sovietiche entrano nella capitale rumena; mentre il 2° e 3° Fronte Ukraino avanza impetuosamente verso i confini dell’Ungheria, della Jugoslavia e della Bulgaria. L’insurrezione bulgara aveva provocato l’uscita dalla guerra di quella nazione.
Si combatte nella Serbia orientale e Belgrado viene conquistata.
Tocca ora al Fronte del Baltico. Dopo aver isolato il gruppo di armate tedesco del “Nord”, l’Esercito Rosso scatena un’offensiva che immediatamente libera gran parte della Lituania ed inizia ad entrare in Lettonia.

La guerra sui mari è poco presente nelle nostre ricerche a meno che determinate operazioni non avessero a che fare con le operazioni terrestri. Il mare di Norvegia e quelli di Barents e Bianco, oltre l’Artico furono teatro di combattimenti per assicurare i rifornimenti all’URSS attraverso il porto di Murmank. Una rotta bene offesa dai tedeschi e bene difesa dai russi.
I rifornimenti all’URSS attraverso questa rotta, iniziarono nel 1941 e proseguirono fino a quando le truppe terrestri si impadronirono di tutti i porti finlandesi e del nord Europa e aumentarono le protezioni navali ed aeree.
Prima di proseguire la storia delle operazioni sul fronte della Carelia e del nord, dobbiamo ricordare un “momento” di crisi fra Churchill e Stalin, i quali nel 1942 si scambiarono messaggi di “fuoco”. I messaggi sono lunghissimi e sono tratti dal “Carteggio del Presidente del Consiglio dei ministri dell’URSS con il presidente degli Stati Uniti e il primo ministro della Gran Bretagna durante la grande guerra Patria 1941-1945 “Mosca, Gosizdat Politicaskoi Liberaturi”, 1957, Tomo I: Qui ne trarrò alcune frasi. Scrive Churchill il 18 luglio 1942: “Dal febbraio 1942 i tedeschi hanno spostato nella Norvegia ingenti forze sottomarine e un grande numero di aeroplani e hanno incominciato a scatenare violentissimi attacchi contro i convogli… Contro l’ultimo convoglio “PQ-17”, i tedeschi hanno infine adoperato le loro forze nel modo che noi avevamo sempre temuto. Essi hanno concentrato i sottomarini a ovest dell’Isola degli Orsi e hanno tenuto in riserva le loro unità di superficie per attaccare ad est dell’isola. La sorte definitiva del convoglio “PQ-17” non è ancora chiara … Devo spiegare i pericoli e le difficoltà di queste operazioni dei convogli, dal momento che il nemico ha creato una base navale nell’estremo nord. Noi non riteniamo giusto rischiare la nostra Home Fleet a est dell’Isola degli Orsi o là dove può subire gli attacchi delle forze aeree tedesche che hanno le basi sulla costa. Se una o due delle nostre navi maggiori, andassero perdute o anche fossero seriamente danneggiate, mentre la corrazzata “Tirpitz” e le navi che l’accompagnano, alle quali dovrà unirsi fra breve la “Scharnhorst”, rimanessero efficienti, tutto il dominio dell’Atlantico sarebbe perduto … Perciò noi siamo giunti con vivissimo rincrescimento alla conclusione che il tentativo di inviare il prossimo convoglio “PQ-18” non gioverebbe a Voi e arrecherebbe solo un danno irreparabile alla causa comune … Gli ostacoli ora esistenti in relazione alla partenza di ulteriori convogli rendono egualmente impossibile l’invio di forze terrestri e aeree per sviluppare operazioni nella Norvegia settentrionale…”

Stalin, il 23 luglio 1942 risponde a Churchill, nel modo seguente: “Ho ricevuto il Vostro messaggio del 18 luglio. Dal messaggio risulta, innanzitutto, che il governo di Gran Bretagna rifiuta di continuare a fornire materiale bellico all’Unione Sovietica sulla rotta del nord e, in secondo luogo, che nonostante il noto comunicato congiunto anglo-sovietico sull’adozione di urgenti misure per organizzare il secondo fronte nel 1942, esso rinvia questa impresa al 1943 (il secondo fronte si aprirà nel giugno 1944 – n.d.a.). I nostri esperti navali sono convinti che con un po’ di buona volontà, ove esista l’intenzione di rispettare gli impegni assunti, i trasporti potrebbero attuarsi regolarmente con grandi perdite per i tedeschi… I nostri esperti ritengono incomprensibile e inspiegabile l’ordine impartito dall’Ammiragliato britannico al 17° gruppo di scorta di abbandonare i convogli e di rientrare in Inghilterra, e alle navi da trasporto di separarsi per raggiungere alla spicciolata i porti sovietici, senza scorta… Io, naturalmente, non ritengo che siano possibili trasporti regolari nei porti settentrionali sovietici senza rischi e senza perdite… Voi sapete certamente che l’Unione Sovietica subisce perdite incomparabilmente più gravi. Comunque, non avrei mai potuto immaginare che il governo di Gran Bretagna rifiutasse d’inviarci materiale bellico proprio ora che l’Unione Sovietica ne ha particolare bisogno, in un momento di estrema tensione sul fronte sovietico-tedesco. E’ evidente che il trasporto attraverso i porti persiani non compenserà in nessun modo la perdita derivante dal rifiuto di utilizzare la rotta settentrionale. Per quanto riguarda la seconda questione, e cioè l’organizzazione del secondo fronte in Europa, temo che la cosa cominci ad assumere un carattere poco serio… Io penso che non vi offenderete se ho ritenuto necessario esprimere con leale franchezza la mia opinione e l’opinione dei miei colleghi sulle questioni trattate nel Vostro messaggio”.

Arrivando al 1944, le cose cambiarono, anche perché i russi erano all’offensiva su tutti i fronti.
Agli inizi di quell’anno, la flotta tedesca in Norvegia comprendeva 1 corazzata, 14 torpediniere, 14 sottomarini, 50 guardiacoste, 50 motosiluranti, numerosi mezzi ausiliari e 206 aerei.
Alla flotta tedesca dovevasi aggiungere la flotta finlandese chiusa nei suoi porti. I sovietici disponevano di 23 sottomarini, 9 cacciatorpediniere, 19 guardiacoste, 15 motosiluranti, 70 antisommergibili e motovedette, 36 dragamine leggeri e 353 aerei. Verso la metà dell’estate del 1944, si aggiunse nuovo naviglio dai cantieri sovietici e dall’accordo “Affitto e prestiti”, altri 6 sommergibili, 2 dragamine, 32 cacciatorpediniere e 62 antisommergibili.
All’estremo nord, in Carelia, i tedeschi e i finlandesi avevano creato uno sbarramento difensivo su tre fasce fortificate per difendere le miniere, tanto necessarie all’industria bellica tedesca, di nichel e rame. L’area comprendeva i porti di Petsamo e di Kirkenes (Norvegia) ed era difesa dall’armata alpina tedesca e dall’esercito finlandese.
L’offensiva sovietica fu di notevole forza e riuscì a sconfiggere le unità nemiche e occupare la parte settentrionale della Norvegia. Qui l’Esercito Rosso trovò collaborazione e riconoscenza da parte della popolazione, la quale si distinse nell’aiutare i soldati russi feriti nei combattimenti. Il governo norvegese in esilio a Londra ordinò la creazione di un nuovo esercito, mentre le autorità militari sovietiche non interferirono negli affari interni norvegesi.
Si creò un legame tra la popolazione norvegese ed i soldati sovietici, perché molte furono le famiglie norvegesi che aiutarono i prigionieri russi che scappavano dai campi di concentramento, sia perché, soprattutto la gioventù norvegese attiva nella resistenza, aiutò a ricoverare i soldati sovietici feriti nel corso dei combattimenti.
Nell’ottobre 1958 i coniugi Ekstrem visitarono l’URSS invitati dal Comitato sovietico dei veterani di guerra. A Mosca ebbero commoventi incontri con gli ex internati nei campi di concentramento sopravvissuti grazie all’aiuto di Maria Ekstrem. Il Presidio del Soviet Supremo dell’URSS decorò, l’11 novembre 1958, Maria e Reinhold Ekstrem dell’ordine di 1° grado della Guerra Patria. Il 2 febbraio 1962 altri 14 cittadini norvegesi furono decorati di ordini e medaglie dall’Unione Sovietica per il coraggio manifestato nel prestare aiuto ai prigionieri di guerra sovietici.
Il giornale norvegese “Aftenposten”, scrisse in quella occasione: “I russi sono giunti per primi e per primi se ne andarono, dopo aver compiuto il loro dovere. I norvegesi non dimenticheranno mai quello che i russi hanno fatto per loro e per la causa comune della vittoria sul nemico”.
Il governo norvegese in esilio a Londra, rivolse al governo sovietico un messaggio speciale in cui si esaltava l’operazione condotta dall’Esercito Rosso e si assicurava che la liberazione del paese avrebbe portato a un rafforzamento dell’amicizia tra i popoli dell’Unione Sovietica e della Norvegia.
Re Haakon VII° (21) di Norvegia inviò a Michajl I. Kalinin, Presidente del Presidium del Consiglio Supremo dell’URSS un telegramma di saluto e di ringraziamento per quanto fatto dal popolo russo nei confronti di quello norvegese, assicurando perpetua gratitudine e gli auguri più sinceri per l’avvenire del popolo russo.

L’anno che va chiudendosi, il 1944 vede i sovietici ancora all’offensiva entrando in Ungheria e avvicinandosi ai Carpazi.
Il 13 maggio 1944 i governi alleati di Stati Uniti, Gran Bretagna e URSS di comune accordo invitarono i governi in Ungheria, Bulgaria e Finlandia ad interrompere la guerra e ad abbandonare la Germania nazista. Il capo del governo ungherese ammiraglio Horthy ebbe paura che i tedeschi avrebbero reagito e messo in difficoltà tutta l’operazione. Inoltre i fascisti locali avevano paura che costituendo un nuovo esercito popolare anti-nazista avrebbero messo in difficoltà le forze di destra per il futuro dell’Ungheria.
Ci furono incontri e discussioni fra i dirigenti popolari e i governativi, per cui questi decisero di continuare la guerra ed Horthy nominò primo ministro il generale Ghesa Lacatose al posto di Deme Stoaia, ritenendolo più adatto a tenere a bada i tedeschi.
Il 7 e 8 settembre la Bulgaria ruppe le relazioni con la Germania dichiarandole guerra. Intanto le truppe del 2° Fronte Ukraino continuando a combattere, entravano in Transilvania e attaccavano i confini sud-orientali dell’Ungheria. Horthy, preso dal panico, scappò e il 22 settembre con un aereo raggiunse l’Italia per prendere contatto con il Comando anglo-americano. A Caserta ebbe un incontro anche con il colonnello generale I. Nadai accompagnato da un ufficiale inglese prigioniero di guerra. Il comando anglo-americano rispose che nelle condizioni date “l’Ungheria doveva rivolgersi ai russi” (pag. 36 di “Osvobozdenie Vengrij, di Deze Nemesc – storico ed esponente politico ungherese). Horthy pretendeva che gli anglo-americani intervenissero nella questione, mentre nell’ottobre i combattimenti continuarono e il capo dei fascisti ungheresi, Salasci, salito al potere, ordinò alle truppe di continuare la lotta contro l’esercito sovietico. Ma il 27 ottobre, il Comando Supremo dell’Esercito Rosso decise di entrare in Ungheria, non in qualità di conquistatore, ma come liberatore del popolo ungherese dall’oppressione tedesca.
Questa nuova situazione viene trattata con le autorità ungheresi e il 29 ottobre venne dato inizio all’operazione del 2° Fronte Ukraino, con l’obiettivo di raggiungere la regione di Budapest, ma non riuscirono a penetrare in città, così le truppe sovietiche si posero sulla difensiva, cercando in ogni caso di entrare in città attraverso vie diverse.
Dopo una pausa, il 2° Fronte Ukraino riuscì a spezzare la difesa nemica a sud-ovest di Budapest. In quei giorni, i sovietici, conquistarono la città di Miskolz e raggiunsero il confine cecoslovacco a nord di essa.
Gli insuccessi di questi ultimi tempi furono giustificati dalle piogge torrenziali, dal fango, la stanchezza delle truppe in marcia ininterrotta da 112 giorni. Quindi venne mobilitato il 3° Fronte Ukraino, il quale con una serie di manovre riuscì a chiudere in una sacca Budapest e i suoi difensori calcolati in 188.000 uomini. Salasci con il suo governo scappò in Austria.

E ora entriamo nell’anno 1945, ultimo anno di guerra.
Sin dai primi giorni di gennaio i tedeschi tentarono il tutto per tutto. Promossero alcune controffensive verso oriente partendo dalle loro basi a sud del lago Balaton e da nord verso Budapest nel tentativo di liberare la città dall’accerchiamento.
Ci furono tentativi di parlamentare con i tedeschi per la loro resa, ma i parlamentari presentatisi con la bandiera bianca alle postazioni tedesche, furono addirittura uccisi.
Se il nemico non si arrende, occorre annientarlo, così le truppe sovietiche iniziarono l’assalto alla città. Il 18 gennaio liberarono completamente la parte orientale, Pest e il 13 febbraio quella occidentale, Buda. Più di 138.000 furono i prigionieri. Nei giorni successivi venne liberata tutta l’Ungheria. L’accerchiamento di ingenti forze nemiche, soprattutto corazzate, nella regione a sud dei Carpazi, facilitò il compito delle truppe sovietiche, le quali iniziarono nel gennaio 1945, l’offensiva sulla direttrice principale: Varsavia-Berlino.

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