1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO

1866 QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO
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1866 Il Combattimento di Londrone

ORDINE MILITARE D'ITALIA

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CAVALIERE DI GRAN CROCE

Collana Storia in Laboratorio

Il piano editoriale per il 1917 è pubblicato con post in data 12 novembre 2016

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.La collana Storia in Laboratorio 31 dicembre 2014

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Testo Progetto Storia In Laboratorio

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La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011

La Collana Storia in Laboratorio al 31 dicembre 2011
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domenica 17 gennaio 2010

Capitolo 8
Paolino Orlandini "...........................e si scatenò la Seconda Guerra Mondiale"

VERSO IL PATTO SOVIETICO-TEDESCO

Con l’occupazione di tutta la Cecoslovacchia, la Germania hitleriana si preparava alla guerra, mentre i governi delle potenze occidentali europee iniziarono con l’URSS il “balletto” delle proposte e controproposte che portarono l’URSS a trattare con la Germania nel tentativo di allontanare i confini “diretti” con la Germania medesima.
Tutto iniziò nella primavera del 1939 e proseguì oltre agosto e fu chiaro sin dall’inizio che gli anglo-francesi non erano soli, alle loro spalle c’erano i circoli dirigenti statunitensi.
Le manovre politiche dovevano essere delle risposte all’opinione pubblica che non capiva, perché male orientata o non orientata affatto, non distinguendo più chi menava il can per l’aia, mentre aveva capito gli aggressori.
L’ambasciatore tedesco a Londra, Dirksen nel suo rapporto al Ministero degli Esteri tedesco del 3 agosto 1939, così scriveva:
“Qui predomina l’impressione che i legami stretti in questi ultimi mesi con altri Stati fossero soltanto un mezzo di riserva per raggiungere una vera riconciliazione con la Germania e che questi legami sarebbero caduti non appena fosse stato ottenuto l’unico scopo importante e degno di sforzi: l’accordo con la Germania”.
Questa espressione era condivisa da tutti i diplomatici tedeschi. E Dirksen in un altro rapporto del settembre 1939, scriveva; “Mediante armamenti e procurandosi degli alleati l’Inghilterra vuole rafforzarsi e mettersi al livello dell’Asse, ma al tempo stesso, vuol tentare, per mezzo di trattative, di giungere ad un accordo amichevole con la Germania”.
Per Dirksen era chiaro il disegno politico: dirigere l’aggressione fascista verso Oriente.
La trattativa tra Inghilterra e Francia da una parte e l’URSS dall’altra, iniziò nel mese di marzo e proseguì per quattro mesi. Si trattava di trattenere la Germania dallo scatenare la guerra in Europa e di cercare chi doveva opporsi in prima persona.
I circoli dirigenti anglo-francesi appoggiati da quelli americani, abituati a cavare le castagne dal fuoco con le mani degli altri, miravano al tentativo di imporre ai sovietici impegni, in virtù dei quali l’URSS avrebbe dovuto assumersi tutto il gravame dei sacrifici per respingere l’aggressione germanica, affinchè a fine guerra l’URSS stessa doveva apparire più debole e più facile da sottomettere ai nuovi eventi.
Questo piano fu sventato dall’Unione Sovietica, che in tutte le tappe della trattativa, contrappose alle proposte, proprie proposte sempre più chiare e franche destinate a servire il solo scopo a lei congeniale: la difesa collettiva della pace in Europa.
Le condizioni poste erano irrinunciabili, ed erano un patto effettivo di mutua assistenza contro l’aggressione fra Inghilterra, Francia e URSS; garanzia da parte delle tre potenze verso gli altri Stati europei, senza eccezione alcuna, confinanti con l’URSS; conclusione di un accordo militare fra le tre potenze sulle forme e le proporzioni di aiuto immediato ed effettivo da prestarsi l’un l’altra, nonché agli Stati garantiti, in caso di attacco da parte degli aggressori. Queste proposte si evincono dal rapporto del ministro Molotov alla III^ Sessione del Soviet Supremo dell’URSS, del 31 maggio 1939.
Nel medesimo rapporto Molotov dichiarava; “Gli inglesi e i francesi garantendo se stessi contro un attacco diretto da parte degli aggressori, mediante patti di mutua assistenza fra di loro e con la Polonia e assicurandosi l’aiuto dell’URSS, in caso di attacco degli aggressori alla Polonia e alla Romania, hanno lasciato aperto il problema se l’Unione Sovietica a sua volta potrà contare sul loro aiuto in caso di attacco diretto contro di essa da parte degli aggressori; nello stesso tempo hanno lasciato aperto un altro problema e cioè se gli inglesi e i francesi potranno partecipare e garantire i piccoli Stati confinanti con l’URSS (Estonia, Lettonia e Lituania, n.d.a.) che coprono le sue frontiere nord-occidentali qualora quest’ultimi non abbiano la forza di difendere la loro neutralità contro l’attacco degli aggressori. In questo modo è venuta a crearsi per l’URSS una situazione di ineguaglianza”.
Gli alleati occidentali cominciarono a mostrarsi d’accordo, a parole, con questo principio della mutua assistenza a condizione di reciprocità, ma lo fecero con riserva che resero questo accordo fittizio. Nelle loro controproposte, gli anglo-francesi prevedevano l’aiuto dell’URSS a quei paesi ai quali essi avevano promesso garanzie, ma non fecero nessun accenno a un aiuto da parte loro ai paesi, situati lungo la frontiera nord-occidentale dell’URSS, ossia gli Stati Baltici.
C’è anche da considerare che l’ambasciatore britannico a Mosca, Seeds, il 18 marzo 1939, avuto sentore di una aggressione hitleriana alla Romania, si recò dal Ministro degli esteri sovietico per informarsi di come avesse reagito l’URSS di fronte a questo fatto. Il Ministro rivolse la medesima domanda all’ambasciatore Seeds, e questi eluse la risposta facendo osservare che geograficamente la Romania era più vicina all’URSS che la Gran Bretagna.
I primi passi erano chiari. La diplomazia inglese cercava di legare l’Unione Sovietica con impegni determinati, restando essi stessi in disparte.
A questo punto l’URSS propose di convocare una conferenza degli Stati più interessati: Gran Bretagna, Francia, Romania, Polonia, Turchia e Unione Sovietica. Il governo britannico rispose che la proposta “era prematura” e nello stesso tempo il 21 marzo 1939, propose a quello sovietico di firmare – anche con la Francia e la Polonia – una dichiarazione nella quale i governi firmatari si impegnavano a “consultarsi sui passi da intraprendere per opporre una resistenza comune nel caso che fosse minacciata l’indipendenza di un qualunque Stato europeo”.
Ma il 1° aprile 1939 l’ambasciatore inglese a Mosca, informava che la Gran Bretagna riteneva il problema della dichiarazione comune non più all’ordine del giorno.
Dopo circa due settimane l’intermediario britannico a Mosca avanzò una nuova proposta per conto del Ministro degli esteri Halifax: il governo sovietico doveva fare una dichiarazione secondo la quale, “in caso di un atto di aggressione contro un qualsiasi paese europeo, vicino dell’Unione Sovietica, paese il quale opponesse resistenza, si sarebbe potuto contare sull’aiuto del Governo Sovietico, se questo aiuto fosse desiderato”.
La proposta voleva dire che se la Germania si fosse rivolta contro la Lettonia, la Lituania, l’Estonia o la Finlandia, l’Unione Sovietica doveva, anche in questo caso, impegnarsi contro l’aggressore.
Difatti l’Inghilterra non si assumeva alcun incarico, come per la Polonia e la Romania, mentre gli Stati Baltici, non assumevano alcun impegno nei confronti dell’URSS.
Il governo sovietico non voleva lasciarsi sfuggire alcuna occasione, così avanzò una controproposta consistente in tre punti:

che l’URSS, la Gran Bretagna e la Francia si impegnassero reciprocamente di prestarsi l’un l’altra un aiuto immediato di ogni genere, compreso l’aiuto militare, nel caso di aggressione contro uno di questi Stati;
che i medesimi Stati si impegnassero di prestare un aiuto di ogni genere, ivi compreso l’aiuto militare, agli Stati dell’Europa orientale situati tra il Baltico e il Mar Nero e confinanti con l’Unione Sovietica nel caso di aggressione contro questi Stati;
che i medesimi Stati si impegnassero a fissare in breve tempo le proporzioni e le forme dell’aiuto militare da prestare a ognuno di questi Stati in ambedue i casi sopra citati.

Per tre settimane tutto tacque ed in Inghilterra montava una certa inquietudine, per cui il governo inglese fu costretto ad escogitare un’altra manovra.
L’8 maggio giunse a Mosca la risposta, o meglio dire, più precisamente le controproposte inglesi. Si proponeva nuovamente all’URSS di sottoscrivere una dichiarazione unilaterale con la quale “si impegnasse in caso che la Gran Bretagna e la Francia venissero coinvolte in operazioni militari in seguito agli impegni assunti (di fronte al Belgio, alla Polonia, alla Romania, alla Grecia e alla Turchia) di prestare immediato aiuto se questo fosse desiderabile; il genere e le condizioni nelle quali sarebbe stato prestato questo aiuto avrebbero dovuto essere oggetto di accordo”.
Iniziarono le trattative. L’11 maggio si arenarono perché l’ambasciatore polacco a Mosca, Grzybowski dichiarò che “la Polonia non riteneva possibile concludere un patto di mutua assistenza con l’URSS”.
Si sospettò che la dichiarazione polacca fosse stata fatta con l’approvazione dei circoli dirigenti inglesi e francesi, tanto che nell’estate del 1939 Lloyd George pubblicò sul giornale francese “Le soir” un articolo violento contro le lungaggini nelle quali si arenavano le trattative dell’Inghilterra e della Francia con l’Unione Sovietica. Lloyd George rilevò che a questa domanda si poteva dare una sola risposta: “Neville Chamberlain, Halifax e John Simon non vogliono nessun accordo con la Russia”.
In Germania tutto ciò veniva attentamente valutato.
Alla fine di maggio l’Inghilterra e la Francia presentarono nuove proposte.
Tale contegno finì per essere ritenuto intollerabile da parte di V.M. Molotov, il quale il 27 maggio si vide costretto a dichiarare all’ambasciatore inglese Seeds e all’incaricato di affari francese Payart, che il progetto di accordo, da essi presentato, sulla resistenza comune all’aggressione in Europa non conteneva il piano di organizzazione di un aiuto reciproco effettivo tra le tre potenze e non dimostrava neppure che i governi inglesi e francese fossero seriamente interessati ad un patto conforme con l’Unione Sovietica.
Le trattative si trascinavano all’infinito, l’inammissibile ritardo se lo lasciò sfuggire il “Times” londinese che scrisse: “Un’alleanza rapida e risoluta con la Russia può ostacolare altre trattative … (dal libro di Sayers e Kahn “La guerra segreta contro la Russia sovietica, Mosca 1947, pag. 371).
Il giornale inglese parlando di altre trattative si riferiva a quelle in corso tra Robert Hudson, ministro inglese del commercio d’oltremare, con Helmut Wohltat, consigliere economico di Hitler, circa la possibilità di un prestito inglese alla Germania hitleriana per una somma considerevole.
Inoltre, era noto, che nel giorno in cui l’esercito tedesco entrava a Praga, - secondo quanto scriveva la stampa inglese – una delegazione della federazione dell’industria inglese, conduceva a Düsseldorf delle trattative per la conclusione di un accordo con la grande industria tedesca.
Anche per le trattative per un accordo militare con l’URSS non tardarono a dimostrare che non si aveva alcuna intenzione di portarle a compimento, basti ricordare le proposte sulla consistenza delle disponibilità in caso di aggressione, cioè sul contingente di forze armate che i partecipanti alle trattative avrebbero dovuto mettere immediatamente a disposizione in caso di aggressione. Gli inglesi mettevano a disposizione cinque divisioni di fanteria e una divisione meccanizzata.
L’URSS dichiarò di mettere a disposizione 136 divisioni, 5 mila cannoni medi e pesanti, fino a 10 mila tank e tankette e oltre 5 mila aerei militari, inoltre le flotte complete del Mar Baltico e del Mar Nero.
Da ciò si deducono tre cose, anche se soggettive:

Il governo sovietico per tutta la durata delle trattative si era comportato pazientemente per addivenire ad una intesa con l’Inghilterra e la Francia, soprattutto perché si sentiva il più esposto ad una eventuale aggressione, ma lo voleva, non a tutti i costi, ma a parità di diritti.
Il contegno dei governi di Gran Bretagna e di Francia confermarono pienamente che non pensavano neppure lontanamente ad un accordo con quello dell’URSS.
Il calcolo anglo-francese consisteva nel far comprendere ad Hitler che l’Unione Sovietica non aveva alleati, quindi isolata e che era esposta a qualsiasi aggressione senza correre il rischio di incontrare opposizioni dalle maggiori potenze dell’Europa occidentale.

Ciò si desume dal discorso di Halifax tenuto il 29 giugno 1939 all’Istituto reale di relazioni internazionali (leggi a pag. 296 dei “discorsi di Lord Halifax sulla politica internazionale – Oxford – Londra 1940).
Egli disse: In una simile nuova atmosfera noi potremmo discutere il problema coloniale, il problema delle materie prime, delle barriere commerciali, dello “spazio vitale”, della limitazione degli armamenti e tutti gli altri problemi che riguardavano gli europei”.
Se si pensa a come trattava il problema dello “spazio vitale” il giornale conservatore, legato ad Halifax, “Daily Mail”, già nel 1933 proponeva agli hitleriani di strappare all’URSS lo “spazio vitale”, non rimane alcun dubbio sul vero significato della dichiarazione di Halifax. Era questa, una proposta aperta di intendersi sulla spartizione del mondo e delle sfere d’influenza, rivolta alla Germania per risolvere tutti i problemi senza l’Unione Sovietica.
E proprio nel mese di giugno del 1939, i rappresentanti dell’Inghilterra cominciarono nello stretto riserbo la trattativa con gli hitleriani attraverso Wohltat incaricato di Hitler per il piano quadriennale, giunto appositamente a Londra.
Con questo incaricato, si intrattennero il ministro inglese del commercio di oltremare Hudson e il consigliere di fiducia di Chamberlain, G. Wilson.
Nel mese di luglio, Wohltat si recò di nuovo a Londra. Hudson e G. Wilson proposero a Wohltat e all’ambasciatore tedesco Dirksen di intavolare trattative segrete per la conclusione di un vasto accordo sull’eliminazione della concorrenza disastrosa sui mercati comuni mondiali.
Nel rapporto al ministero tedesco degli affari esteri in data 21 luglio 1939, Dirksen scriveva che il programma discusso tra Wohltat e Wilson comprendeva problemi politici, militari ed economici, un rilievo particolare veniva dato alla “limitazione degli spazi vitali tra le grandi potenze, soprattutto tra l’Inghilterra e la Germania”.
Intanto veniva a maturazione il problema di Danzica e del “corridoio polacco”. Un eventuale accordo anglo-francese-tedesco lasciava ai tedeschi la facoltà di risolverli direttamente con la Polonia lasciandola sola al proprio destino. Scriveva Dirksen nel suo rapporto: “in questo caso la Polonia resterebbe – come dire – da sola faccia a faccia con la Germania”.
Se ne deduce, che i governanti inglesi erano pronti ad abbandonare la Polonia all’arbitrio di Hitler, quando – scriverà qualcuno – non era ancora asciugato l’inchiostro con il quale erano state firmate le garanzie inglesi alla Polonia. Contemporaneamente si era definitivamente operato l’isolamento dell’Unione Sovietica, la quale fu costretta a fare la propria scelta e a concludere con la Germania il patto di non aggressione nel tentativo di garantirgli il prolungamento della pace per un certo periodo utile per migliorare la preparazione delle proprie forze armate capaci di respingere l’eventuale aggressione.
Come nel 1918 in seguito alla politica delle potenze occidentali, l’Unione Sovietica fu costretta a concludere con la Germania di allora la pace di Brest-Litovsh, nel 1939, circa 20 anni dopo, fu costretta a concludere il patto con i tedeschi, sempre a causa della politica, anche ostile, delle potenze occidentali europee. Ma si dirà il contrario. Si dirà e si scriverà che era nell’intenzione dell’URSS accordarsi con gli hitleriani.
Quel patto invece fu l’ultimo ad essere sottoscritto tra la Germania e le altre nazioni non aggressive. E fu quello che obbligò i tedeschi ad aggredire l’oriente europeo non partendo dalla linea Narva-Minsk-Kiev, ma da una linea che passava a centinaia di chilometri più ad ovest.
Ma accadrà di peggio, perché i fatti precedenti la Seconda guerra mondiale, non sono finiti.

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